Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/201

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mi facciate ne le splendide case del giusto, del pio e del religioso Enrico. La suprema bontá del quale, per dipender ogni spezie di giudizio dal senno de la Sua cristianissima Maestade, vi locará in quella degnila di grado che si conviene a la vostra gradita e degna virtú. Impcroché, se niun merita di esser grato a l’Altezza de la Corona di lui, il meritate voi, che séte reale essempio d’uno animo vergognoso e mansueto. Benché ciò ò la minima virtú che vi illustri. Avenga che l’altre che seguono doppo, come a duce schiera, lo inclinaranno a riguardare come voi, allevato negli studi e tra il coinerzio dei grandi, prima negli oblighi paterni, di poi a Parigi e a Bologna, vi faticaste ne la teologia, ne la medicina, ne le leggi e ne l’astrologia, non per travagliare, minuire, distruggere e uccidere l’anima, il corpo, la facultá c lo intelletto d’altri col mezzo di si fatte scienze, ma per ornamento de la vostra splendida vita. Benché il giudizio di si magnanimo principe si empierá talmente di ammirazione nel comprendere come possa essere che in si tenera gioventú aviate, si può dire in un tempo, studiato in si varie lettre e peregrinato in si diversi paesi; onde la dottrina vi fa capace di quel che ignora la sperienza, e la sperienza di ciò che non intende la dottrina: talché, nel disputar de Luna e nel ragionar de l’altra, vi esprimete a ciascuno quasi compendio di tutte le cose del mondo. Ma, perché da la pratica universale nasce la prudenzia, de la quale si prevagliono le necessitá de le azzioni cotidiane, voi séte diventato prudente nel conversare con ogni condizion di brigate e nel ricercare ogni provincia; onde vivete e favellate con i costumi e con la lingua di qualunche nazione vi accade di ritrovarvi: cosa si necessaria a la gran corte inglese, che non so quale altra se le potesse porgere di piú bisogno. Si che riducctivici subito che vi espedite dal fornir di farvi perfetto ne la investigazione de le maniere con cui si saviamente e si gravemente si governa e mantiene questa serenissima republica.

Di Vinczia, il 30 di giugno 1542.