Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/263

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parer troppo timido che poco prudente. Oltra ciò, avendovi fatto dono di me stesso fin dal principio del mio essere, mi è parso di tenerlo secreto; imperoché ben sapete quanto sia laudabile il tacere la qualitá dei presenti, che si fanno lá dove il merito gli richiede. Onde posso bene sperare che una si dovuta modestia mi procacci appresso d’un tanto uomo piú tosto caritá che sdegno. Ma, perché il mio bisogno eccessivo riccorre al vostro aiuto grandissimo, avanzativi con la pietade propria sopra la miseria che mi afflige. Quando noi faceste per altro, fatelo perché ognuno ha posto la speranza de le sue occorrenzie ne la benignitá de la di voi sapienzia ; talché devete non pur rallegrarvi di tanto e si eccellente bene, ma goderne ancora, conciosiaché dal predetto sapere dipende quel di tutta la cesarea congregazione, peroché voi solo conoscete il migliore, il piú utile, ciò che si conviene e quel che è ragionevole. Onde chi noi vede è cieco, chi noi comprende ignorante, e chi noi confessa iniquo. Pertanto la Vostra inclita Eccellenza, la quale non vive solo a se stessa né solo è nata a voi medesimo, movasi a consolarmi ne la richiesta, che in mio nome le fará il buon Gonzalo Peres. In cotal mentre andrò predicando come, infra tutte le cose che sono, solo la prudenzia, che vi governa ne la maniera che voi governate il mondo, non ha bisogno de la fortuna. Dipoi farò capaci le genti come due miracoli piú che stupendi veggono gli occhi dei tempi nostri: i fatti di Cesare e i detti di Covos. E ben si debbono questi e quegli dedicare al mirando de l’ammirazione : imperoché il valore de l’uno è il sole, che illustra i giorni d’ogni sorte d’imprese magnanime; e la conoscenza de l’altro è la luna, che illumina le notti di ciascuna spezie di facende gloriose. Di Vinezia, il 26 d’agosto 1542.