Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/150

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144 vi - stanze

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     Che non per altro effetto che per darlo
al re di Francia, in Francia era mandata,
con patto che l’avesse a donar Carlo
al miglior cavallier di sua brigata;
e poi soggiunse che volea mostrarlo
a lei, che ben tal vista avrebbe grata,
perch’era lo piú ricco e bel lavoro
che mai con smalto alcun facesse in oro.
5
     E che da vecchi e savi chierci avea
udito dir che la savia Sibilla,
ch’abitò a Cume e fu detta cumea,
formò lo scudo all’infernal favilla,
nel tempo ch’a Silvestro dar volea
Costantino a guardar quella gran villa;
villa dirò, ch’allor villa divenne
la cittá che del mondo il scettro tenne.
6
     Dicea la donna: — Quando ebbe disegno
Costantin di lasciar Italia e Roma,
venir in Grecia e far capo del regno
quella cittá ch’ancor da lui si noma,
molti lo giudicâr di poco ingegno,
e ch’avesse il cervel sopra la chioma;
pur, come sempre a’ gran signori accade,
gli osavan pochi dir la veritade.
7
     E discorrendo alcuni sopra questa
biasmata volontá, giudicio fêro
che saria la ruina manifesta
prima di Roma e poi de l’altro Impero.
Tal gita piú d’ogn’altro ebbe molesta
chi piú d’ogn’altro ne previde il vero,
la Sibilla cumea, la qual ridotta
s’era in quei tempi alla nursina grotta.