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82 iv - capitoli

IX

Ecco finalmente una notte di felicitá! ma, aimè! tra tanti occhi e tanti lumi che scoprirebbero il suo segreto, gli è impossibile entrare dall’amata.

     O nei miei danni piú che ’l giorno chiara,
crudel, maligna e scelerata notte,
ch’io sperai dolce ed or trovo sí amara!
     Sperai ch’uscir da le cimerie grotte
5tenebrosa devessi e veggio c’hai
quante lampade ha il ciel teco condotte.
     Tu che di sí gran luce altiera vai,
quando in braccio al pastor nuda scendesti,
Luna, io non so s’avevi tanti rai;
     10rimémbrati il piacer ch’allor avesti
d’abbracciar il tuo amante, ed altro tanto
conosci che mi turbi e mi molesti.
     Ah! non fu però il tuo, non fu giá quanto
sarebbe il mio, se non è falso quello
15di che il tuo Endimion si dona vanto;
     ché non amor, ma la mercé d’un vello,
che di candida lana egli t’offerse,
lo fe’ parer alli occhi tuoi sì bello.
     Ma se fu amor che ’l freddo cor t’aperse,
20e non brutta avarizia, come è fama,
lieva le luci a miei desir adverse.
     Chi ha provato amor, scoprir non brama
suoi dolci furti, che non d’altra offesa
piú che di questa, amante si richiama.
     25Oh che letizia m’è per te contesa!
Non è assai che Madonna mesi ed anni
l’ha fra speme e timor fin qui suspesa?
     Oh qual di ristorar tutti i miei danni,
oh quanta occasione ora mi vieti,
30che per fuggir ha giá spiegati i vanni!