Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/288

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282 canto


56
     — Deh, come, o prudentissima mia scorta
(dicea alla maga l’inclita donzella),
molti anni prima tu m’hai fatto accorta
di tanta mia viril progenie bella;
cosí d’alcuna donna mi conforta,
che di mia stirpe sia, s’alcuna in quella
metter si può tra belle e virtuose. —
E la cortese maga le rispose:

57
     — Da te uscir veggio le pudiche donne,
madri d’imperatori e di gran regi,
reparatrici e solide colonne
de case illustri e di domini egregi;
che men degne non son ne le lor gonne,
ch’in arme i cavallier, di sommi pregi,
di pietá, di gran cor, di gran prudenza,
di somma e incomparabil continenza.


58
     E s’io avrò da narrarti di ciascuna
che ne la stirpe tua sia d’onor degna,
troppo sará; ch’io non ne veggio alcuna
che passar con silenzio mi convegna.
Ma ti farò, tra mille, scelta d’una
o di due coppie, acciò ch’a fin ne vegna.
Ne la spelonca perché nol dicesti?
che l’imagini ancor vedute avresti.

59
     De la tua chiara stirpe uscirá quella
d’opere illustri e di bei studii amica,
ch’io non so ben se piú leggiadra e bella
mi debba dire, o piú saggia e pudica,
liberale e magnanima Isabella,
che del bel lume suo dí e notte aprica
fará la terra che sul Menzo siede,
a cui la madre d’Ocno il nome diede: