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canto terzodecimo 283


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     dove onorato e splendido certame
avrá col suo dignissimo consorte,
chi di lor piú le virtú prezzi et ame,
e chi meglio apra a cortesia le porte.
S’un narrerá ch’al Taro e nel Reame
fu a liberar da’ Galli Italia forte;
l’altra dirá: — Sol perché casta visse
Penelope, non fu minor d’Ulisse. —

61
     Gran cose e molte in brevi detti accolgo
di questa donna, e piú dietro ne lasso,
che in quelli di ch’io mi levai dal volgo,
mi fe’ chiare Merlin dal cavo sasso.
E s’in questo gran mar la vela sciolgo,
di lunga Tifi in navigar trapasso.
Conchiudo in somma ch’ella avrá, per dono
de la virtú e del ciel, ciò ch’è di buono.

62
     Seco avrá la sorella Beatrice,
a cui si converrá tal nome a punto:
ch’essa non sol del ben che qua giú lice,
per quel che viverá, toccherá il punto;
ma avrá forza di far seco felice
fra tutti i ricchi duci, il suo congiunto,
il qual, come ella poi lascierá il mondo,
cosí de l’infelici andrá nel fondo.

63
     E Moro e Sforza e Viscontei colubri,
lei viva, formidabili saranno
da l’iperboree nievi ai lidi rubri,
da l’Indo ai monti ch’al tuo mar via danno:
lei morta, andran col regno degl’Insubri,
e con grave di tutta Italia danno,
in servitute; e fia stimata, senza
costei, ventura la somma prudenza.