Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/324

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318 canto


116
     Sono appoggiate a un tempo mille scale,
che non han men di dua per ogni grado.
Spinge il secondo quel ch’inanzi sale;
che ’l terzo lui montar fa suo mal grado.
Chi per virtú, chi per paura vale:
convien ch’ognun per forza entri nel guado;
che qualunche s’adagia, il re d’Algiere,
Rodomonte crudele, uccide o fere.

117
     Ognun dunque si sforza di salire
tra il fuoco e le ruine in su le mura.
Ma tutti gli altri guardano, se aprire
veggiano passo ove sia poca cura:
sol Rodomonte sprezza di venire,
se non dove la via meno è sicura.
Dove nel caso disperato e rio
gli altri fan voti, egli bestemmia Dio.

118
     Armato era d’un forte e duro usbergo,
che fu di drago una scagliosa pelle.
Di questo giá si cinse il petto e ’l tergo
quello avol suo ch’edificò Babelle,
e si pensò cacciar de l’aureo albergo,
e tôrre a Dio il governo de le stelle:
l’elmo e lo scudo fece far perfetto,
e il brando insieme; e solo a questo effetto.

119
     Rodomonte non giá men di Nembrotte
indomito, superbo e furibondo,
che d’ire al ciel non tarderebbe a notte,
quando la strada si trovasse al mondo,
quivi non sta a mirar s’intere o rotte
sieno le mura, o s’abbia l’acqua fondo:
passa la fossa, anzi la corre e vola,
ne l’acqua e nel pantan fin alla gola.