Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/327

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quartodecimo 321


128
     Egli questi conforta, e quei riprende,
e lor mal grado inanzi se gli caccia:
ad altri il petto, ad altri il capo fende,
che per fuggir veggia voltar la faccia.
Molti ne spinge et urta; alcuni prende
pei capelli, pel collo e per le braccia:
e sozzopra lá giú tanti ne getta,
che quella fossa a capir tutti è stretta.

129
     Mentre lo stuol de’ barbari si cala,
anzi trabocca al periglioso fondo,
et indi cerca per diversa scala
di salir sopra l’argine secondo;
il re di Sarza (come avesse un’ala
per ciascun de’ suoi membri) levò il pondo
di sí gran corpo e con tant’arme indosso,
e netto si lanciò di lá dal fosso.

130
     Poco era men di trenta piedi, o tanto,
et egli il passò destro come un veltro,
e fece nel cader strepito, quanto
avesse avuto sotto i piedi il feltro:
et a questo et a quello affrappa il manto,
come sien l’arme di tenero peltro,
e non di ferro, anzi pur sien di scorza:
tal la sua spada, e tanta è la sua forza!

131
     In questo tempo i nostri, da chi tese
l’insidie son ne la cava profonda,
che v’han scope e fascine in copia stese,
intorno a quai di molta pece abonda
(né però alcuna si vede palese,
ben che n’è piena l’una e l’altra sponda
dal fondo cupo insino all’orlo quasi),
e senza fin v’hanno appiatati vasi,