Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/332

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326 canto


12
     Piú tosto vuol che volteggiando rada
gli Sciti e gl’Indi e i regni nabatei,
e torni poi per cosí lunga strada
a ritrovare i Persi e gli Eritrei;
che per quel boreal pelago vada,
che turban sempre iniqui venti e rei,
e sí, qualche stagion, pover di sole,
che starne senza alcuni mesi suole.

13
     La fata, poi che vide acconcio il tutto,
diede licenzia al duca di partire,
avendol prima ammaestrato e instrutto
di cose assai, che fôra lungo a dire;
e per schivar che non sia piú ridutto
per arte maga, onde non possa uscire,
un bello et util libro gli avea dato,
che per suo amore avesse ognora allato.

14
     Come l’uom riparar debba agl’incanti
mostra il libretto che costei gli diede:
dove ne tratta o piú dietro o piú inanti,
per rubrica e per indice si vede.
Un altro don gli fece ancor, che quanti
doni fur mai, di gran vantaggio eccede:
e questo fu d’orribil suono un corno,
che fa fugire ognun che l’ode intorno.

15
     Dico che ’l corno è di sí orribil suono,
ch’ovunque s’oda, fa fuggir la gente:
non può trovarsi al mondo un cor sí buono,
che possa non fuggir come lo sente:
rumor di vento e di termuoto, e ’l tuono,
a par del suon di questo, era nïente.
Con molto riferir di grazie, prese
da la fata licenzia il buono Inglese.