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decimonono 105


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     Sopra di lei piú lance rotte furo;
ma tanto a quelli colpi ella si mosse,
quanto nel giuoco de le caccie un muro
si muova a’ colpi de le palle grosse.
L’usbergo suo di tempra era sí duro,
che non gli potean contra le percosse;
e per incanto al fuoco de l’Inferno
cotto, e temprato all’acque fu d’Averno.

85
     Al fin del campo il destrier tenne e volse,
e fermò alquanto: e in fretta poi lo spinse
incontra gli altri, e sbarragliolli e sciolse,
e di lor sangue insin all’elsa tinse.
All’uno il capo, all’altro il braccio tolse;
e un altro in guisa con la spada cinse,
che ’l petto in terra andò col capo et ambe
le braccia, e in sella il ventre era e le gambe.

86
     Lo partí, dico, per dritta misura,
de le coste e de l’anche alle confine,
e lo fe’ rimaner mezza figura,
qual dinanzi all’imagini divine,
posto d’argento, e piú di cera pura
son da genti lontane e da vicine,
ch’a ringraziarle e sciorre il voto vanno
de le domande pie ch’ottenute hanno.

87
     Ad uno che fuggia, dietro si mise,
né fu a mezzo la piazza, che lo giunse;
e ’l capo e ’l collo in modo gli divise,
che medico mai piú non lo raggiunse.
In somma tutti un dopo l’altro uccise,
o ferí sí ch’ogni vigor n’emunse;
e fu sicura che levar di terra
mai piú non si potrian per farle guerra.