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canto ventesimoquarto 243


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     Zerbino a lui gridava: — Non la tôrre,
o pensa non l’aver senza questione.
Se togliesti cosí l’arme d’Ettorre,
tu l’hai di furto, piú che di ragione. —
Senz’altro dir l’un sopra l’altro corre,
d’animo e di virtú gran paragone.
Di cento colpi giá rimbomba il suono,
né bene ancor ne la battaglia sono.

61
     Di prestezza Zerbin pare una fiamma
a tôrsi ovunque Durindana cada:
di qua di lá saltar come una damma
fa ’l suo destrier dove è miglior la strada.
E ben convien che non ne perda dramma;
ch’andrá, s’un tratto il coglie quella spada,
a ritrovar gl’innamorati spirti
ch’empion la selva degli ombrosi mirti.

62
     Come il veloce can che ’l porco assalta
che fuor del gregge errar vegga nei campi,
lo va aggirando, e quinci e quindi salta;
ma quello attende ch’una volta inciampi:
cosí, se vien la spada o bassa od alta,
sta mirando Zerbin come ne scampi;
come la vita e l’onor salvi a un tempo,
tien sempre l’occhio, e fiere e fugge a tempo.

63
     Da l’altra parte, ovunque il Saracino
la fiera spada vibra o piena o vòta,
sembra fra due montagne un vento alpino
ch’una frondosa selva il marzo scuota;
ch’ora la caccia a terra a capo chino,
or gli spezzati rami in aria ruota.
Ben che Zerbin piú colpi e fúggia e schivi,
non può schivare al fin, ch’un non gli arrivi.