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ventesimottavo 363


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     Se da Iocondo il re bramava udire
onde venisse il subito conforto,
non men Iocondo lo bramava dire,
e fare il re di tanta ingiuria accorto;
ma non vorria che piú di sé, punire
volesse il re la moglie di quel torto;
sí che per dirlo e non far danno a lei,
il re fece giurar su l’agnusdei.

41
     Giurar lo fe’ che né per cosa detta,
né che gli sia mostrata che gli spiaccia,
ancor ch’egli conosca che diretta-
mente a sua Maestá danno si faccia,
tardi o per tempo mai fará vendetta;
e di piú vuole ancor che se ne taccia,
sí che né il malfattor giamai comprenda
in fatto o in detto, che ’l re il caso intenda.

42
     Il re, ch’ogn’altra cosa, se non questa,
creder potria, gli giurò largamente.
Iocondo la cagion gli manifesta,
ond’era molti dí stato dolente:
perché trovata avea la disonesta
sua moglie in braccio d’un suo vil sergente;
e che tal pena al fin l’avrebbe morto,
se tardato a venir fosse il conforto.

43
     Ma in casa di sua Altezza avea veduto
cosa che molto gli scemava il duolo;
che se bene in obbrobrio era caduto,
era almen certo di non v’esser solo.
Cosí dicendo, e al bucolin venuto,
gli dimostrò il bruttissimo omiciuolo
che la giumenta altrui sotto si tiene,
tocca di sproni e fa giuocar di schene.