Vai al contenuto

Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/383

Da Wikisource.

ventesimottavo 377


96
     Chi la donzella, chi ’l monaco sia,
chi portin seco, vi debbe esser chiaro.
Conoscere Issabella si dovria,
che ’l corpo avea del suo Zerbino caro.
Lasciai che vêr Provenza ne venía
sotto la scorta del vecchio preclaro,
che le avea persuaso tutto il resto
dicare a Dio del suo vivere onesto.

97
     Come ch’in viso pallida e smarrita
sia la donzella et abbia i crini inconti;
e facciano i sospir continua uscita
del petto acceso, e gli occhi sien duo fonti;
et altri testimoni d’una vita
misera e grave in lei si veggan pronti;
tanto però di bello anco le avanza,
che con le Grazie Amor vi può aver stanza.

98
     Tosto che ’l Saracin vide la bella
donna apparir, messe il pensiero al fondo,
ch’avea di biasmar sempre e d’odiar quella
schiera gentil che pur adorna il mondo.
E ben gli par dignissima Issabella,
in cui locar debba il suo amor secondo,
e spenger totalmente il primo, a modo
che da l’asse si trae chiodo con chiodo.

99
     Incontra se le fece, e col piú molle
parlar che seppe, e col miglior sembiante,
di sua condïzione domandolle:
et ella ogni pensier gli spiegò inante;
come era per lasciare il mondo folle,
e farsi amica a Dio con opre sante.
Ride il pagano altier ch’in Dio non crede,
d’ogni legge nimico e d’ogni fede.