Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/39

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decimosettimo 33


128
     Quel baron molti armati seco tolse,
et alla porta della terra scese;
e quivi con silenzio li raccolse,
e la venuta di Grifone attese:
e ne l’entrar sí d’improviso il colse,
che fra i duo ponti a salvamento il prese;
e lo ritenne con beffe e con scorno
in una oscura stanza insin al giorno.

129
     Il Sole a pena avea il dorato crine
tolto di grembio alla nutrice antica,
e cominciava da le piagge alpine
a cacciar l’ombre e far la cima aprica;
quando temendo il vil Martan ch’al fine
Grifone ardito la sua causa dica,
e ritorni la colpa ond’era uscita,
tolse licenzia, e fece indi partita,

130
     trovando idonia scusa al priego regio,
che non stia allo spettacolo ordinato.
Altri doni gli avea fatto, col pregio
de la non sua vittoria, il signor grato;
e sopra tutto un ampio privilegio,
dov’era d’alti onori al sommo ornato.
Lasciánlo andar; ch’io vi prometto certo,
che la mercede avrá secondo il merto.

131
     Fu Grifon tratto a gran vergogna in piazza,
quando piú si trovò piena di gente.
Gli avean levato l’elmo e la corazza,
e lasciato in farsetto assai vilmente;
e come il conducessero alla mazza,
posto l’avean sopra un carro eminente,
che lento lento tiravan due vacche
da lunga fame attenuate e fiacche.