Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/429

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canto trentesimoprimo 423


4
     Gli sdegni, le repulse, e finalmente
tutti i martír d’amor, tutte le pene,
fan per lor rimembranza, che si sente
con miglior gusto un piacer quando viene.
Ma se l’infernal peste una egra mente
avvien ch’infetti, ammorbi et avelene;
se ben segue poi festa et allegrezza,
non la cura l’amante e non l’apprezza.

5
     Questa è la cruda e avelenata piaga
a cui non val liquor, non vale impiastro,
né murmure, né imagine di saga,
né val lungo osservar di benigno astro,
né quanta esperïenzia d’arte maga
fece mai l’inventor suo Zoroastro:
piaga crudel che sopra ogni dolore
conduce l’uom, che disperato muore.

6
     Oh incurabil piaga che nel petto
d’un amator sí facile s’imprime,
non men per falso che per ver sospetto!
piaga che l’uom sí crudelmente opprime,
che la ragion gli offusca e l’intelletto,
e lo tra’ fuor de le sembianze prime!
Oh iniqua gelosia, che cosí a torto
levasti a Bradamante ogni conforto!

7
     Non di questo ch’Ippalca e che ’l fratello
le avea nel core amaramente impresso,
ma dico d’uno annunzio crudo e fello
che le fu dato pochi giorni appresso.
Questo era nulla a paragon di quello
ch’io vi dirò, ma dopo alcun digresso.
Di Rinaldo ho da dir primieramente,
che vêr Parigi vien con la sua gente.