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trentesimosecondo 459


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     E senza disarmarsi, sopra il letto,
col viso volta in giú, tutta si stese,
ove per non gridar, sí che sospetto
di sé facesse, i panni in bocca prese;
e ripetendo quel che l’avea detto
il cavalliero, in tal dolor discese,
che piú non lo potendo sofferire,
fu forza a disfogarlo, e cosí a dire:

37
     — Misera! a chi mai piú creder debb’io?
Vo’ dir ch’ognuno è perfido e crudele,
se perfido e crudel sei, Ruggier mio,
che sí pietoso tenni e sí fedele.
Qual crudeltá, qual tradimento rio
unqua s’udí per tragiche querele,
che non trovi minor, se pensar mai
al mio merto e al tuo debito vorai?

38
     Perché, Ruggier, come di te non vive
cavallier di piú ardir, di piú bellezza,
né che a gran pezzo al tuo valore arrive,
né a’ tuoi costumi, né a tua gentilezza;
perché non fai che fra tue illustri e dive
virtú, si dica ancor ch’abbi fermezza?
si dica ch’abbi invïolabil fede?
a chi ogn’altra virtú s’inchina e cede.

39
     Non sai che non compar, se non v’è quella,
alcun valore, alcun nobil costume?
come né cosa (e sia quanto vuol bella)
si può vedere ove non splenda lume.
Facil ti fu ingannare una donzella
di cui tu signore eri, idolo e nume,
a cui potevi far con tue parole
creder che fosse oscuro e freddo il sole.