Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/478

Da Wikisource.
472 canto


88
     Entrato ne la ròcca, trova quella
la qual v’ho detta a Clodïon sí cara,
e ch’avea, a par d’ogn’altra, fatto bella
Natura, a dar bellezze cosí avara.
Con lei ragiona: intanto arde e martella
di fuor l’amante aspra passione amara;
il qual non differisce a mandar prieghi
al cavallier, che dar non gli la nieghi.

89
     Tristano, ancor che lei molto non prezze,
né prezzar, fuor ch’Isotta, altra potrebbe
(ch’altra né ch’ami vuol né ch’accarezze
la pozïon che giá incantata bebbe),
pur, perché vendicarsi de l’asprezze
che Clodïon gli ha usate si vorebbe:
— Di far gran torto mi parria (gli disse)
che tal bellezza del suo albergo uscisse.

90
     E quando a Clodïon dormire incresca
solo alla frasca, e compagnia domandi,
una giovane ho meco bella e fresca,
non però di bellezze cosí grandi.
Questa sarò contento che fuor esca,
e ch’ubbidisca a tutti i suoi comandi;
ma la piú bella mi par dritto e giusto
che stia con quel di noi ch’è piú robusto. —

91
     Escluso Clodïone e malcontento,
andò sbuffando tutta notte in volta,
come s’a quei che ne l’alloggiamento
dormiano ad agio, fêsse egli l’ascolta;
e molto piú che del freddo e del vento,
si dolea de la donna che gli è tolta.
La mattina Tristano a cui ne’ ncrebbe,
gli la rendé, donde il dolor fin ebbe: