Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/245

Da Wikisource.

quarantesimosecondo 239


60
     Rispose il cavallier: — Non ti rincresca
se ’l nome mio scoprir non ti vogli’ora:
ben tel dirò prima ch’un passo cresca
l’ombra; che ci sará poca dimora. —
Trovaro, andando insieme, un’acqua fresca
che col suo mormorio facea talora
pastori e viandanti al chiaro rio
venire, e berne l’amoroso oblio.

61
     Signor, queste eran quelle gelide acque,
quelle che spengon l’amoroso caldo;
di cui bevendo, ad Angelica nacque
l’odio ch’ebbe dipoi sempre a Rinaldo.
E s’ella un tempo a lui prima dispiacque,
e se ne l’odio il ritrovò sí saldo,
non derivò, Signor, la causa altronde,
se non d’aver beuto di queste onde.

62
     Il cavallier che con Rinaldo viene,
come si vede inanzi al chiaro rivo,
caldo per la fatica il destrier tiene,
e dice: — Il posar qui non fia nocivo. —
Non fia (disse Rinaldo) se non bene;
ch’oltre che prema il mezzogiorno estivo,
m’ha cosí il brutto mostro travagliato,
che ’l riposar mi fia commodo e grato. —

63
     L’un e l’altro smontò del suo cavallo,
e pascer lo lasciò per la foresta;
e nel fiorito verde a rosso e a giallo
ambi si trasson l’elmo de la testa.
Corse Rinaldo al liquido cristallo,
spinto da caldo e da sete molesta,
e cacciò, a un sorso del freddo liquore,
dal petto ardente e la sete e l’amore.