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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/246

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240 canto


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     Quando lo vide l’altro cavailiero
la bocca sollevar de l’acqua molle,
e ritrarne pentito ogni pensiero
di quel desir ch’ebbe d’amor sí folle;
si levò ritto, e con sembiante altiero
gli disse quel che dianzi dir non volle:
— Sappi, Rinaldo, il nome mio è lo Sdegno,
venuto sol per sciorti il giogo indegno. —

65
     Cosí dicendo, subito gli sparve,
e sparve insieme il suo destrier con lui.
Questo a Rinaldo un gran miracol parve;
s’aggirò intorno, e disse: — Ove è costui? —
Stimar non sa se sian magiche larve,
che Malagigi un de’ ministri sui
gli abbia mandato a romper la catena
che lungamente l’ha tenuto in pena:

66
     o pur che Dio da l’alta ierarchia
gli abbia per ineffabil sua bontade
mandato, come giá mandò a Tobia,
un angelo a levar di cecitade.
Ma buono o rio demonio, o quel che sia,
che gli ha renduta la sua libertade,
ringrazia e loda; e da lui sol conosce
che sano ha il cor da l’amorose angosce.

67
     Gli fu nel primier odio ritornata
Angelica; e gli parve troppo indegna
d’esser, non che sí lungi seguitata,
ma che per lei pur mezza lega vegna.
Per Baiardo riaver tutta fïata
verso India in Sericana andar disegna,
sí perché l’onor suo lo stringe a farlo,
sí per averne giá parlato a Carlo.