Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/140

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 [52]
GiOte ſon quattro dóne, in ſu la ſpiaggia
     Che ſubito ha mandate Logiſtilla,
     La valoroſa Andronica, e la ſaggia
     Phronefia, e l’honeſtiffima Dicilla,
     E Sophroſina caſta, che come haggia
     Quiui a far piú ch l’altre arde esfauilla
     l’eſercito ch’al mondo e ſenza pare
     Del cartello eſce, e ſi diſtende al mare.

 [53]
Sotto il cartel ne la tranquilla ſoce:
     Di molti e groſſi legni era vna armata
     Ad vn botto di ſquilla: ad vna voce
     Giorno e notte a battaglia apparecchiata
     E coſi ſu la pugna, aſpra & atroce:
     E per acqua, e per terra incominciata,
     Per cui ſu il regno fottofopra volto,
     C’hauea giá Alcina alla ſorella tolto.

 [54]
O di quante battaglie il ſin ſucceſſe
     Diuerſo a quel che ſi credette inante,
     Non ſol ch’Alcina alhor non rihaueffe
     (Come ſtimoffi) il ſugitiuo amante,
     Ma de le naui, che pur dianzi ſpeffe
     Fur ſi, ch’apena il mar ne capia tante
     Fuor de la ſiamma che tutt’ altre auapa
     Con vn legnetto ſol miſera ſcampa.

 [55]
Fuggeſi Alcina, e ſua miſera gente
     Arſa e preſa riman, rotta e ſommerſa,
     D’ hauer Ruggier perduto ella ſi ſente
     Via piú doler che d’ altra coſa auerſa,
     Notte e di per lui geme amaramente
     E lachryme per lui da gliocchi verſa,
     E per dar ſine a tanto aſpro martire
     Speſſo ſi duol di non poter morire.

 [56]
Morir non puote alcuna Fata mai
     Fin chel Sol gira, o il ciel nò muta ſtilo
     Se ciò non ſorte: era il dolore assai
     Per muouer Cloto ad inaſparle il ſilo
     O qual Didon ſinia col ferro i guai,
     O la Regina ſplendida del Nilo
     Hauria imitata con mortifer ſonno:
     Ma le Fate morir ſempre non ponno.

 [57]
Torniamo a ql di eterna gloria degno
     Ruggiero, e Alcina ſtia ne la ſua pena
     Dico di lui, che poi che ſuor del legno
     Si ſu condutto in piú ſicura arena,
     Dio ringratiando, che tutto il diſegno
     Gliera ſucceſſo, al mar volto la ſchena
     Et affrettando per l’aſciutto il piede
     Alla rocca ne va, che quiui ſiede.

 [58]
Ne la piú ſorte anchor ne la piú bella
     Mai vide occhio mortai pria ne dopo,
     Son di piú prezzo le mura di quella
     Che ſé Diamante ſortino o Piropo,
     Di tai gemme qua giú non ſi fauella
     Et a chi vuol notitia hauerne, e d’uopo
     Che vada quiui: che non credo altroue
     (Se non ſorſè ſu in ciel) ſé ne ritruoue.

 [59]
Quel che piú fa, che lor ſi ichina e cede
     Ogn’ altra géma, e che mirando in eſſe
     L’huom ſin in mezo all’anima ſi vede
     Vede ſuoi vitii, e ſue virtudi eſpreffe,
     Si che a luſinghe poi di ſé non crede,
     Ne a chi dar biaſmo a torto gli voleſſe,
     Farti mirando allo ſpecchio lucente
     Se ſteffo conofeendofi prudente.