Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/265

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 [11]
Il giouinetto ſi riuolſe a prieghi,
     E diſſe cauallier, per lo tuo Dio
     Non eſſer ſi crudel che tu mi nieghi
     Ch’ io fepeliſca il corpo del Re mio,
     Non vo ch’altra pietá per me ti pieghi
     Ne penſi che di vita habbi diſio,
     Ho tanta di mia vita e non piú cura
     Quanta ch’al mio Signor dia ſepultura.

 [12]
Et ſé pur paſcer voi ſiere & augelli
     Che’n te il furor ſia del Theba Creonte,
     Fa lor conuito di miei membri, e quelli
     Sepelir laſcia del ſigliuol d’Almonte,
     Coſi dicea Medor con modi belli
     E con parole atte a voltare vn monte,
     E ſi commoffo giá Zerbino li, uhm
     Che d’ amor tutto e di pietade ardea.

 [13]
In queſto mezo vn cauallier villano:
     Hauendo al ſuo Signor poco riſpetto:
     Feri con vna lancia fopra mano
     Al ſupplicante il delicato petto,
     Spiacqj a Zerbin l’atto crudele e ſtrano
     Tanto piú, che del colpo il giouinetto
     Vide cader ſi ſbigottito e ſmorto
     Che’n tutto giudico che foſſe morto,

 [14]
E ſé ne ſdegno in guiſa: e ſé ne dolſe.
     Che diſſe inuendicato giá non ſia,
     E pien di mal talento ſi riuolſe
     AI cauallier ch ſé l’impreſa ria,
     Ma ql preſe vantaggio e ſé gli tolſe
     Dinanzi in vn momento e ſuggi via:
     Cloridan che Medor vede per terra
     Salta del boſco a difeoperta guerra.

 [15]
E getta l’arco: e tutto pien di rabbia
     Tra gli nimici il ferro intorno gira,
     l’in p morir: ch p penſier ch’egli habbia
     Di far vendetta che pareggi l’ira,
     Del proprio ſangue roſſeggiar la ſabbia
     Fra tante ſpade, e al ſin venir ſi mira,
     E tolto che ſi ſente ogni potere
     Si laſcia a canto al ſuo Medor cadere.

 [16]
Seguon gli Scotti oue la guida loro
     Per P alta ſelua alto diſdegno mena
     Poi che laſciato ha l’uno e l’altro Moro
     L’un morto in tutto, e l’altro viuo a pena,
     Giacque gran pezzo il giouine Medoro
     Spicciando il ſangue da ſi larga vena
     Che di ſua vita al ſin faria venuto
     Se non foprauenia chi gli die aiuto.

 [17]
Gli foprauenne a caſo vna Donzella
     Auolta in paſtorale, & humil veſte:
     Ma di real preſentia: e in viſo bella:
     D’alte maniere, e accortamele honeſte
     Tato e, ch’io non ne diſſi piú nouella
     Ch’ apena riconoſcer la doureſte:
     Queſta ſé non ſapete Angelica era
     Del gran Can del Catai la ſiglia altiera.

 [18]
Poi che’l ſuo annello Angelica rihebbe
     Di che Brunel P hauea tenuta priua:
     In tanto faſto in tanto orgoglio crebbe
     Ch’ eſſer parea di tutto’l mondo ſchiua,
     Se ne va ſola: e non ſi degnerebbe
     COpagno hauer qual piú famoſo viua,
     Si ſdegna a rimèbrar che giá ſuo amate
     Habbia Orlando nomato, o Sacripante.