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Fu d’Artemia crudel queſto il parere
(Coſi hauea nome) e non manco per lei
Di far nel tempio Elbanio rimanere
Scannato inanzi a gli ſpietati dei,
Ma la madre Oronthea, che compiacere
Volſe alla ſiglia, replico a colei
Altre & altre ragioni e modo tenne
Che nel fenato il ſuo parer s’ ottenne.
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l’hauer Elbanio di bellezza il vanto
Sopra ogni cauallier che foſſe al mondo
Fu ne i cor de le giouani, di tanto:
Ch’ erano in ql conſiglio, e di tal podo:
Che’l parer de le vecchie andò da canto
Che con Artemia volean far, fecondo
l’ordine antiquo, ne lontan ſu molto
Ad eſſer per fauore Elbanio aſſolto,
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Di perdonargli in ſomma ſu concluſo
Ma poi che la decina haueſſe ſpento,
E che nel’altro aſſalto foſſe ad vſo
Di diece donne buono, e nò di cento,
Di career l’altro giorno ſu diſchiuſo,
E hauuto arme e cauallo a ſuo talento
Contra dieci guerrier ſolo ſi miſe
E l’uno appſſo all’altro in piazza vcciſe.
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Fu la notte ſeguente a proua meſſo
Contra diece donzelle ignudo e ſolo:
Doue hebbe all’ardir ſuo ſibuo ſucceſſo
Che fece il faggio di tutto lo ſtuolo
E queſto gli acquiſto tal gratia appreſſo
Ad Oronthea, che l’hebbe per ſigliuolo,
E gli diede Aleſſandra e l’altre noue
Con e’ hauea fatto le notturne proue,
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E lo laſcio con Aleſſandra bella
Che poi die nome a qſta terra, herede
CO patto, ch’a ſeruar egli habbia quella
Legge, & ogn’ altro che da lui ſuccede,
Che ciaſcun, che giá mai ſua ſiera ſtella
Fara qui por lo ſuenturato piede
Elegger poſſa, o in ſacriſicio darſi
O con dieci guerrier ſolo prouarſi.
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E ſé gli auuiè ch’I di glihuomini vecida
La notte con le femine ſi proui,
E quando in fjſto anchor tanto gli arrida
La ſorte ſua, che vincitor ſi troui,
Sia del femineo ſtuol principe e guida
E la decina a ſcelta ſua rinoui,
Con la qual regni, ſin ch’un’ altro arriui
Che ſia piú ſorte, e lui di vita priui.
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Appffo a dua mila ani il coſtume empio
Si e mantenuto, e ſi mantiene anchora,
E ſono pochi giorni, che nel tempio
Vno inſelice peregrin non mora,
Se contra dieci alcun chiede ad eſempio
D’ Elbanio armarſi, che ve n’ e tal’hora
Speſſo la vita al primo aſſalto laſſa
Ne di mille vno all’altra proua paſſa.
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Pur ci paſſano alcuni, ma ſi rari
Che ſu le dita anouerar ſi ponno,
Vno di queſti ſu Argilon, ma guari
Con la decina ſua non ſu qui Dono,
Che cacciandomi q venti contrari
Gli occhi gii chiuſi í ſempitemo ſonno:
Coſi ſoſſi io con lui morto quel giorno
Prima che viuer ſeruo in tanto ſcorno.