Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/394

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 [126]
E che ſpito del Regno in duolo e í lutto
     Viua Agramante, miſero e mendico:
     E ch’effo ſia, che poi gli renda il tutto
     E lo riponga nel ſuo ſeggio antico,
     E de la fede ſua produca il ſrutto
     E gli faccia veder, ch’un vero amico
     A dritto e a torto eſſer douea prepoſto
     Se tutto’l mondo ſé gli foſſe oppoſto.

 [127]
E coſi quando al Re, quando alla Donna
     Volgendo il cor turbato: il Saracino
     Caualca a gran giornate, e non aſſonna
     E poco Ripoſar laſcia Frontino,
     Il di ſeguente o l’altro in ſu la Sonna
     Si ritrouo e’ hauea dritto il camino
     Verſo il mar di Prouenza, con diſegno
     Di nauigare in Africa al ſuo regno,

 [128]
Di barche e di fottíi legni era tutto
     Fra P una ripa e l’altra il fiume pieno:
     Ch’ad vſo de Peſercito condutto,
     Da molti lochi vettouaglie hauieno,
     Perche in poter de Mori era ridutto
     Venendo da Parigi al lito ameno
     D’ Acqmorta, e voltado I ver la Spagna
     Ciò che v’e da man deſtra di campagna.

 [129]
Le vettouaglie in carra & in iumenti
     Tolte ſuor de le naui, erano carche
     Et tratte con la ſcorta de le genti
     Oue venir non ſi potea con barche,
     Hauean piene le ripe i graſſi armenti
     Quiui condotti da diuerſe marche,
     E i conduttori intorno alla riuiera
     Per varii tetti albergo hauean la ſera.

 [130]
Il Re d’Algier perche gli foprauenne
     Quiui la notte, e P aer nero e cieco:
     D’ un’ hoſtier paeſan lo’nuito tenne
     Che lo prego che rimaneſſe ſeco,
     Adagiato il deſtrier, la menſa venne
     Di varii cibi, e di vin Corſo e Greco:
     Che’l Saracin nel reſto alla Moreſca
     Ma volſe far nel bere alla Franceſca.

 [131]
l’hoſte con buona menſa e miglior viſo
Studio di fare a Rodomonte honore,
Che la preſentia gli die certo auiſo
Ch’era huomo illuſtre e pie d’alto valor,
Ma quel che da ſé ſteffo era diuiſo
Ne quella ſera hauea ben ſeco il core:
(Che mal ſuo grado s’ era ricondotto
Alla Donna giá ſua) non facea motto.

 [132]
Il buono hoſtier che ſu de i diligenti
     Che mai ſi ſien per Francia ricordati,
     Quando tra le nimiche, e ſtrane genti
     L’albergo e beni ſuoi s’hauea ſaluati,
     Per ſera ir quiui alcuni ſuoi parenti,
     A tal ſeruigio pronti, hauea chiamati,
     De quai non era alcun di parlar’ oſo
     Vedendo il Saracin muto e penſoſo.

 [133]
Di penſiero in penſiero andò vagando
     Da ſé ſteffo lontano il Pagan molto,
     Col viſo a terra chino, ne leuando
     Si gli occhi mai, ch’alcu guardaſſe i volto,
     Dopo vn lugo ſtar cheto, fuſpirádo
     Si come d’un gran ſonno allhora ſciolto
     Tutto ſi ſcolſe , e inſieme alzo le ciglia
     E volto gli occhi all’hoſte e alla famiglia