Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/399

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 [24]
Cambiato a tutti parue eſſer nel volto
     Vider tutti che’l cor non hauea lieto:
     Ma non v’e chi s’apponga giá di molto
     E porta penetrar nel ſuo ſecreto,
     Credeano che da lor ſi foſſe tolto
     Per gire a Roma, e gito era a Corneto.
     Ch’Amor ſia del mal cauſa ognú s’auifa
     Ma non e giá chi dir ſappia in che guiſa.

 [25]
Eſtimafi il ſratel che dolor habbia
     D’ hauer la moglie ſua ſola laſciata,
     E pel contrario duolſi egli & arrabbia
     Che rimaſa era troppo accompagnata,
     Con ſronte creſpa e con gonſiate labbia
     Sta l’infelice, e ſol la terra guata,
     Fauſto ch’a confortarlo vſa ogni proua
     Perche non fa la cauſa, poco gioita.

 [26]
Di contrario liquor la piaga gli vnge
     E doue tor douria, gli accreſce doglie,
     Doue douria ſaldar, piú l’apre e punge
     Queſto gli fa col ricordar la moglie.
     Ne poſa di ne notte, il ſonno lunge
     Fugge col guſto, e mai non ſi raccoglie:
     E la faccia che dianzi era ſi bella
     Si cangia ſi, che piú non ſembra quella.

 [27]
Par che gliocchi ſé aſcondin ne la teſta:
     Creſciuto il naſo par nel viſo ſcarno,
     De la beltá ſi poca gli ne reſta
     Che ne potrá far paragone indarno,
     Col duol venne vna febbre ſi moleſta
     Ch lo ſé ſoggiornar All’arma e all’Amo
     E ſé di bello hauea ferbata coſa
     Torto reſto come al Sol coltarofa.

 [28]
Oltre ch’a Fauſto increſca del fratello
     Che veggia a ſimil termine condutto.
     Via piú glincreſce che bugiardo a qllo
     Principe, a chi lodollo parrá in tutto,
     Moſtrar di tutti gli huomini il piú bello
     Gli hauea pmeſſo, e moſtrera il piú brutto
     Ma pur continuando la ſua via
     Seco lo traſſe al ſin dentro a Pauia.

 [29]
Giá nò vuol che lo vegga il Re iprouiſo
     Per non moſtrarfi di giudicio priuo.
     Ma per lettere inanzi gli da auiſo
     Che’l ſuo ſratel ne viene a pena viuo,
     Et ch’era ſtato all’aria del bel viſo
     Vn’ affanno di cor tanto nociuo
     Accompagnato da una febbre ria
     Che piú non parea quel ch’eſſer ſolia.

 [30]
Grata hebbe la venuta di Iocondo
     Quanto poteſſe il Re d’amico hauere:
     Che non hauea deſiderato al mondo
     Coſa altretanto, che di lui vedere,
     Ne gli ſpiace vedertelo fecondo
     E di bellezza dietro rimanere:
     Ben che conoſca, ſé non ſorte il male
     Che gli faria ſuperiore o vguale.

 [31]
Giunto lo fa alloggiar nel ſuo palagio:
     Lo viſita ogni giorno, ognihora n’ode,
     Fa gran prouiſion che ſtia con agio,
     E d’honorarlo assai ſi ſtudia e gode,
     Langue Iocondo, che’l penſier maluagio
     C ha de la ria moglier, ſempre lo rode,
     Ne’l ueder giochi ne mufici vdire
     Dramma del ſuo dolor può minuire.