Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/420

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[12]
Forza e ch’ai ſin nell’acq il cauallo entre
     Ch’i va 9traſta, e ſpéde í vano ogni opra
     Bagna i genocchi e poi la groppa e’l vétre
     Indi la teſta, e a pena appar di fopra,
     Tornare a dietro non ſi ſperi mentre
     La verga tra l’orecchie ſé gli adopra,
     Mifero, o ſi conuien tra via affogare
     O nel lito African paſſare il mare.

[13]
NO vede Orlando piú poppe ne ſponde
     Ch tratto in mar l’hauea dal lito aſciutto:
     Che ſon troppo lontane, e le naſconde
     A gliocchi baffi: l’alto e mobil ſlutto:
     E tuttauia il deſtrier caccia tra l’onde
     Ch’andar di la dal mar diſpone in tutto:
     Il deſtrier d’acqua pieno e d’alma voto
     Finalmente ſini la vita e il nuoto.

[14]
Ando nel fondo e vi trahea la ſalma
     Se non ſi tenea Orlando in ſu le braccia:
     Mena le gambe, e l’una e l’altra palma,
     E foffía, e l’onda ſpinge da la faccia,
     Era l’aria ſoaue, e il mare in calma:
     E ben vi biſogno piú che bonaccia:
     Ch’ ogni poco che’l mar foſſe piú ſorto
     Reſtaua il Paladin ne l’acqua morto.

[15]
Ma la Fortuna che de i pazzi ha cura
     Del mar lo traſſe nel lito di Setta:
     In vna ſpiaggia, lungi da le mura
     Quanto farian duo tratti di ſaetta,
     Lungo il mar molti giorni alla ventura
     Verſo leuante andò correndo in fretta,
     Fin che trouo doue tendea fu’l lito
     Di nera gente eſercito inſinito.

[16]
Laſciamo il Paladin ch’errando vada
     Ben di parlar di lui tornerá tempo.
     Quanto Signore ad Angelica accada
     Dopo ch’uſei di man del pazzo a tépo,
     E come a ritornare in ſua contrada
     Trouaſſe e buon nauilio e miglior tépo
     E de l’India a Medor deſſe lo ſcettro
     Forſè altri cantera con miglior plettro.

[17]
Io ſono a dir tante altre coſe intento
     Che di ſeguir piú queſta non mi cale,
     Volger conuiemmi il bel ragionamento
     Al Tartaro, che ſpinto il ſuo riuale
     Quella bellezza ſi godea contento
     A cui non reſta in tutta Europa vguale:
     Poſcia che ſé n’e Angelica partita
     E la caſta Iſſabella al ciel ſalita.

[18]
De la ſententia Mandricardo altiero
     Ch’ in ſuo fauor la bella donna diede,
     Non può ſruir tutto il diletto intero
     Che contra lui fon’ altre liti in piede,
     l’una gli muoue il giouene Ruggiero
     Perche l’aquila bianca non gli cede,
     l’altra il famoſo Re di Sericana
     Che da lui vuol la ſpada Durindana.

[19]
S’ affatica Agramante, ne diſciorre
     Ne Marſilio con lui fa queſto intrico:
     Ne ſolamente non li può diſporre
     Che voglia l’un de l’altro eſſere amico:
     Ma che Ruggiero a Madricardo torre
     Laſci lo ſcudo del Troiano antico,
     O Gradaſſo la ſpada nò gli vieti
     Tanto che qſta o quella lite accheti.