Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/480

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 [43]
Queſta mia ingratitudine gli diede
     Tanto martir, ch’al ſin dal dolor vinto
     E dopo vn lungo domandar mercede
     Infermo cadde, e ne rimaſe eſtinto,
     Per pena ch’al fallir mio ſi richiede
     Hor gliocchi ho lachrymoſi, e ilviſo tito
     Del negro ſumo, e coſi hauro in eterno
     Che nulla redentione e nel’inſerno.

 [44]
Poi che non parla piú Lydia inſelice
     Va il Duca per ſaper s’ altri vi ſtanzi:
     Ma la caligine alta ch’era vltrice
     De l’opre ingrate, ſi gl’ingroſſa inanzi,
     Ch’andare vn palmo ſol piú non gli lice
     Anzi a ſorza tornar gli conuiene, anzi
     Perche la vita non gli ſia intercetta
     Dal ſumo, i paſſi accelerar con fretta.

 [45]
Il mutar ſpeffo de le piante ha viſta
     Di corſo, e no di chi paſſeggia o trotta:
     Tanto ſalendo in verſo l’erta acquiſta
     Che vede doue aperta era la grotta,
     E l’aria giá caliginoſa e triſta
     Dal lume cominciaua ad eſſer rotta:
     Al ſin co molto affanno e graue ambafeia
     Eſce de l’antro, e dietro il ſumo laſcia.

 [46]
E perche del tornar la via ſia tronca
     A quelle beſtie c’han ſi ingorde l’epe,
     Raguna faſſi, e molti arbori tronca
     Che v’ era qual d’ amomo: e qual di pepe
     E come può, dinanzi alla ſpelonca
     Fabrica di ſua man quaſi vna ſiepe,
     E gli ſuccede coſi ben quelP opra
     Che piú l’Harpie non tornerai! di fopra.

 [47]
Il negro ſumo de la ſcura pece
     Mentre egli ſu ne la cauerna tetra
     Non macchio ſol ql ch’apparia & ífece,
     Ma ſotto i pani anchora entra e penetra:
     Si che per trouare acqua andar lo fece
     Cercadovn pezzo, e al ſin ſuor d’ uá pietra
     Vide vna ſonte vſcir ne la foreſta
     Ne laqual ſi lauo dal pie alla teſta.

 [48]
Poi monta il volatore e in aria s’ alza
     Per giunger di quel monte in ſu la cima:
     Che non lontan con la ſuperna balza
     Dal cerchio de la Luna eſſer ſi ſtima,
     Tanto e il deſir che di veder lo’ncalza
     Ch’ al cielo aſpira, e la terra non ſtima:
     De l’aria piú, e piú ſempre guadagna
     Tanto ch’ai giogo va de la montagna.

 [49]
Zaphir, Rubini, Oro, Topati, e Perle:
     E Diamati, e Chryſoliti, e Hiacynthi:
     Potriano i fiori aſſimigliar: che per le
     Liete piaggie v’ hauea l’aura dipinti:
     Si verdi l’herbe che poſſendo hauerle
     Qua giú, ne ſoran gli ſmeraldi vinti:
     Ne men belle de gliarbori le ſrondi
     E di ſrutti e di fior ſempre fecondi.

 [50]
Cantati ſra i rami gli augelletti vaghi
     Azurri, e bianchi, e verdi, e roſſi, e gialli
     Murmuranti ruſcelli, e cheti laghi
     Di limpidezza vincono i cryſtalli,
     Vna dolce aura che ti par che vaghi
     A vn modo femp, e dal ſuo ſtil no falli
     Facea ſi l’aria tremolar d’intorno
     Che non potea noiar calor del giorno.