Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/498

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 [12]
Ruggier tenne lo’nuito allegramente
     E l’armatura ſua fece venire
     Hor mentre che s’ armaua al Re preſente
     Tomaron quei Signor di nuouo a dire,
     Chi foſſe il cauallier tanto eccellente
     Che di lancia ſapea ſi ben ferire,
     E Ferrau che parlato gli hauea
     Fu domandato, ſé lo conoſcea.

 [13]
Riſpoſe Ferrau tenete certo
     Che non e alcun di quei e’ hauete detto,
     A me parea (chi’l vidi a viſo aperto)
     Il ſratel di Rinaldo giouinetto,
     Ma poi ch’io n’ho l’alto valore eſperto
     E ſo che non può tanto Ricciardetto
     Penſo che ſia la ſua ſorella, molto
     (Per ql ch’io n’ odo) a lui ſimil di volto.

 [14]
Ella ha ben fama d’ eſſer ſorte: a pare
     Del ſuo Rinaldo, e d’ ogni Paladino
     Ma (p quato io ne veggo hoggi) mi pare
     Che vai piú del ſratel, piú del cugino,
     Come Ruggier lei ſente ricordare
     Del vermiglio color, che’l matutino
     Sparge per l’aria, ſi dipinge in faccia,
     E nel cor triema e non fa che ſi faccia.

 [15]
A queſto annuntio ſtimulato e punto
     Dal’amoroſo ſtral, detro inſiammarſe,
     E per l’oſſa ſenti tutto in vn punto
     Correre vn giaccio che’l timor vi ſparfe,
     Timor ch’u nuouo ſdegno habbia 9fiito
     Quel grade amor che giá per lui ſi l’arfe,
     Di ciò confuſo non ſi rifolueua
     S’ incontra vſcirle o pur reſtar doueua.

 [16]
Hor quiui ritrouandoſi Marphiſa
     Che d’ uſcire alla gioſtra hauea grá vogli;
     Et era armata: pche in altra guiſa
     E raro, o notte o di: che tu la coglia,
     Sentendo che Ruggier s’ arma, s’ auiſa
     Che di quella vittoria ella ſi ſpoglia
     Se laſcia che Ruggiero eſca ſuor prima
     Penſa ire inazi e hauerne il pgio ſtima.

 [17]
Salta a cauallo, e vien ſpronado in fretta
     Oue nel campo la ſiglia d’ Amone
     Con palpitante cor Ruggiero aſpetta,
     Deſideroſa farſelo prigione,
     E penſa ſolo oue la lancia metta
     Perche del colpo habbia minor leſione,
     Marphiſa ſé ne vien ſuor de la porta
     E fopra l’elmo vna Phenice porta.

 [18]
O ſia per ſua ſuperbia, dinotando
     Se ſteffa vnica al mondo in eſſer ſorte,
     O pur ſua caſta intention lodando
     Di viuer ſempre mai ſenza conſorte,
     La ſigliuola d’ Amon la mira, e quando
     Le fatteze ch’amaua non ha ſcorte
     Come ſi nomi le domanda, & ode
     Eſſer colei, che del ſuo amor ſi,gode.

 [19]
O per dir meglio, eſſer colei che crede
     Che goda del ſuo amor, colei che tanto
     Ha in odio, e in ira, che morir ſi vede
     Se fopra lei non vendica il ſuo pianto,
     Volta il cauallo, e con gran ſuria riede
     Non per deſir di porla in terra, quanto
     Di paffarle con l’haſta in mezo il petto
     E libera reſtar d’ ogni fuſpetto.