Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/54

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20 orlando furioso


 [36]
Queſto diſir ch’a tutti ſta nel core
     De’ fatti altrui ſempre cercar nouella
     Fece a quel cauallier del ſuo dolore
     La cagion domandar da la donzella
     Egli l’aperſe e tutta moſtro fuore
     Dal corteſe parlar moſſo di quella
     E dal ſēbiāte altier, ch’al prīo ſguardo
     Gli ſēbro di guerrier molto gagliardo

 [37]
E comincio signor io conducea
     Pedoni e cauallieri e venia in campo
     La doue Carlo Marſilio attendea
     Perch’al ſcēder del monte haueſſe īciampo
     E vna giouane bella meco hauea
     Del cui feruido amor nel petto auampo
     E ritrouai preſſo a Rodonna armato
     Vn che frenaua vn gran deſtriero alato

 [38]
Toſto che ’l ladro o ſia mortale, o ſia
     Vna de l’infernali anime horrende
     Vede la bella e cara donna mia
     Come falcon che per ferir diſcende
     Cala e poggia in vn atimo, e tra via
     Getta le mani, e lei ſmarrita prende
     Anchor non m’era accorto de l’aſſalto
     Che de la donna io ſenti il grido in alto

 [39]
Coſi il rapace Nibio furar ſuole
     Il miſero pulcin preſſo alla chioccia
     Che di ſua inaduertenza poi ſi duole
     E ī uā gli grida, e ī uā dietro gli croccia
     Io non poſſo ſeguir vn’huom che vole
     Chiuſo tra monti: a pie d’un’erta roccia
     Stāco ho il deſtrier che muta a pēa i paſſi
     Ne l’aſpre vie de’ faticoſi ſaſſi

 [40]
Ma come quel che men curato haurei
     Vedermi trar di mezo il petto il core
     Laſciai lor via ſeguir quegli altri miei
     Senza mia guida e ſenza alcun rettore
     Per li ſcoſceſi poggi e manco rei
     Preſi la via che mi moſtraua Amore
     E doue mi parea che quel rapace
     Portaſſi il mio conforto e la mia pace

 [41]
Sei giorni men’andai matina e ſera
     Per balze e per pēdici orride e ſtrane
     Doue non via, doue ſentier non era:
     Doue ne ſegno di veſtigie humane
     Poi giunſe in vna valle inculta e fiera
     Di ripe cinta, e ſphauentoſe tane
     Cħ nel mezzo ſ’un ſaſſo hauea vn caſtello
     Forte, e bē poſto a marauiglia bello

 [42]
Da lungi par che come fiamma luſtri
     Ne ſia di terra cotta, ne di marmi
     Come più m’auicino ai muri illuſtri
     L’opra più bella, e più mirabil parmi
     E ſeppi poi come i demoni induſtri
     Da ſuffumigi tratti e ſacri carmi
     Tutto d’acciaio hauean cinto il bel loco
     Temprato all’onda & allo ſtigio foco

 [43]
Di ſi forbito acciar luce ogni torre
     Che non vi puo ne ruggine, ne macchia
     Tutto il paeſe giorno e notte ſcorre
     E poi la dētro il rio ladron ſ’immacchia
     Coſa non ha ripar che voglia torre
     Sol dietro īvā, ſe li beſtemia, e gracchia
     Quiui la dōna, anzi il mio cor mi tiene
     Che di mai ricourar laſcio ogni ſpene