Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/545

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CANTO XL



 [1]

L
Vngo farebbe ſé i diuerſi caſi

     Voleſſi dir di quel naual coſlitto,
     E raccontarlo a voi mi patria quaſi
     Magnanimo ſigliuol d’Hercole inuitto
     Portar (come ſi dice) a Samo vaſi
     Nottole Athene e crocodili a Egytto,
     Che quanto per vdita io ve ne parlo
     Signor miraſte e feſte altrui mirarlo.

 [2]
Hebbe lungo ſpettacolo il fedele
     Voſtro popul la notte e’l di che ſtette
     Come in theatro, l’mimiche vele
     Mirando in Po tra ferro e fuoco aſtrette,
     Che gridi vdir ſi poſſano e querele
     Ch’onde veder di ſangue humao iſette:
     Per quanti modi in tal pugna ſi muora
     Vedeſte, e a molti il dimoſtraſte allhora.

 [3]
Noi vide io giā, ch’era fei giorni inanti
     Mutando ogn’hora altre vetture, corto
     Con molta fretta e molta, a i piedi fanti
     Del gran paſtore, a domandar ſoccorſo,
     Poi ne caualli biſognar ne fanti
     Ch’in tato al Leo d’or l’artiglio e’l morſo
     Fu da voi rotto ſi, che piū moleſto
     Non l’ho ſentito da quel giorno a qſto.

 [4]
Ma Alſonſin trotto ilqual ſi trouo in fatto
     Hanibal e Pier Moro e Afraio e Alberto
     E tre Arioſti, e il Bagno, e il Zerbinatto
     Tanto me ne contar ch’io ne ſui certo,
     Me ne chiarir poi le bandiere affatto
     Viſtone al tèpio il gran numero oſſerto:
     E quindice galee ch’a queſte riue
     Con mille legni ſtar vidi captiue.

 [5]
Chi vide qlli incendii e quei nauſragi
     Le tante vcciſioni e ſi diuerſe
     Che vendicando i noſtri arſi palagi
     Fin che ſu preſo ogni nauilio ferie:
     Potrā veder le morti ancho e i diſagi
     Che’l miſer popul d’Africa foſſerſe
     Col Re Agramante in mezo l’onde falſe
     La ſcura notte che Dudon l’affalſe

 [6]
Era la notte e non ſi vedea lume
     Quando s’incominciar l’aſpre conteſe,
     Ma’ poi ch’I zolpho, e la pece, e’l bitume
     Sparto in gra copia, ha pre, e ſpode acceſe
     E la vorace ſiamma arde e conſume
     Le naui e le galee poco difeſe,
     Si chiaramente ognun ſi vedea intorno
     Che la notte parea mutata in giorno,

 [7]
Onde Agramante che per l’aer ſcuro
     Non hauea P inimico in ſi gran ſtima,
     Ne hauer contralto ſi credea ſi duro
     Che refiſtendo, al ſin non lo reprima,
     Poi che rimoſſe le tenebre ſuro
     E vide quel che no credeua in prima.
     Che le naui nimiche eran duo tante,
     Fece pender diuerſo a quel d’auante.