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Sèpre ha I memoria e mai no ſé gli tolle
C hauerla mille volte hauea potuto,
E mille volte hauea oſtinato e ſolle
Di ſi rara beltá fatto riſiuto:
E di tanto piacer e’ hauer non volle
Si bello e ſi buon tépo era perduto:
Et hora eleggerebbe vn giorno corto
Hauerne ſolo, e rimaner poi morto.
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Ha ſempre in mente: e mai no ſé ne parte
Come eſſer puote ch’un pouero fante
Habbia del cor di lei ſpinto da parte
Merito e amor d’ognialtro primo amate,
Co tal penſier che’l cor gli ſtraccia e parte
Rinaldo ſé ne va verſo Leuante:
E dritto al Rheno e a Baſilea ſi tiene
Fin che d’Ardèna alla gran ſelua viene,
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Poi che ſu détro a molte miglia andato
Il Paladin pel boſco auéturoſo,
Da ville e da cartella allontanato
Oue aſpro era piú il luogo e periglioſo:
Tutto in vn tratto vide il ciel turbato
Sparito il Sol tra nuuoli naſcoſo:
Et vſcir ſuor d’ una cauerna oſcura
Vn ſtrano moſtro in feminil ſigura.
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Mill’occhi í capo hauea ſenza palpebre
Nò può ſerrarli e no credo che dorma,
No me ch gliocchi hauea V orecchie crebre
Hauea i loco d crin ſpi a gra torma
Fuor de le diaboliche tenebre
Nel mondo vſci la ſpauenteuol ſorma,
Vn fiero e maggior ſerpe ha per la coda
Che pel petto ſi gira e che l’annoda.
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Quel ch’a Rinaldo i mille e mille impſe
Piú non auuéne mai, quiui gli auuiene,
Che come vede il moſtro ch’all’oſſeſe
Se gli apparecchia, ech’ a trouar loviene
Tanta paura, quanta mai non ſcefe
In altri ſorſè: gli entra ne le vene:
Ma pur l’ufato ardir ſimula e ſinge
E con trepida man la ſpada ſtringe.
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S’ accoda il moſtro Iguiſa al fiero aſſalto
Che ſi può dir che ſia maſtro di guerra,
Vibra il ſerpète venenoſo in alto
E poi contra Rinaldo ſi diſſerra,
Di qua, di la, gli vien fopra a gran ſalto:
Rinaldo cétra lui vaneggia & erra:
Colpi a dritto e a riuerſo tira assai
Ma non ne tira alcun che ſera mai.
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Il moſtro al petto il ſpe hora gli appicca
Ch ſotto l’arme e ſin nel cor V agghiaccia
Hora per la viſiera gliele ſicca
E fa ch’erra pel collo e per la faccia:
Rinaldo da l’impreſa ſi diſpicca
E quato può co ſproni il deſtrier caccia:
Ma la Furia inſernal giá non par zoppa
Ch ſpicca vn ſalto e glie ſubito í groppa
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Vada al trauerſo al dritto oue ſi voglia
Sempre ha con lui la maledetta peſte,
Ne fa modo trouar che ſé ne ſcioglia
Ben che’l deſtrier di calcitrar non reſte:
Triema a Rinaldo il cor eòe vna ſoglia
Non ch’altrimente il ſerpe lo moleſte,
^la tanto horror ne ſente e tanto ſchiuo
Ch ſtride e geme: e duolſi ch’egli eviuo.