Pagina:Ariosto - Satire, 1809.djvu/36

Da Wikisource.
30 SATIRA

Ed ebbe lume, e inspirazion di core,
     Ch’indi lontano trovería nel fondo
     Di certa valle il desiato umore.
Con moglie e figli, e con ciò ch’avea al mondo,
     Là si condusse; e con gli ordigni suoi
     L’acqua trovò, nè molto andò profondo:
E non avendo con che attinger poi,
     Se non un vaso picciolo ed angusto,
     Disse: che mio sia ’l primo non v’annoi.
Di mogliema il secondo, e ’l terzo è giusto,
     Che sia de’ figli, e il quarto, e fin che cessi
     L’ardente sete, onde è ciascuno adusto.
Gli altri vo’ ad un ad un, che sien concessi,
     Secondo le fatiche, a li famigli,
     Che meco in opra a far il pozzo ho messi.
Poi su ciascuna bestia si consigli;
     Che di quelle, che a perderle è più danno,
     Innanzi a l’altre la cura si pigli.
Con questa legge un dopo l’altro vanno
     A bere; e per non esser i sezzai,
     Tutti ivi grandi i lor meriti fanno.
Questo una Gaza, che già amata assai
     Fu dal padrone, ed in delizia avuta,
     Vedendo, ed ascoltando, gridò: guai!
Io non gli son parente, nè venuta,
     A far il pozzo, nè di più guadagno
     Gli son per esser mai, ch’io gli sia suta;