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D’ARISTOFANE. 247
poi n’andai ne’l foro à le farine. Poi portando io il vaso, il precone fece la grida, che da què inanzi non si pigliasse nissun danaro di rame. perche usano l’argento.
Fid.
E questo non lo giuramo tutti, che saranno cinquecento talenti à la cità quadragenaria, che ha trovato Euripide. onde ogni huomo inaurava Euripide, ma quando à i ben consideranti apparse Corintho di Giove, la cosa non piacque. un’alta volta ogni huomo illiniva Euripide di pece.
Huo.
Non il medesimo ò amico. à l’hora noi signoregiavamo, adesso mò le donne.
Fid.
Le quali io osservarò, che non mi pissino ne gli occhi.
Huo.
Non so quello che haij. piglijti troppo peso ò giovane.
Pre.
O brigata la cosa stà cosi. Andate, frettatevi per la diritta via, à ciò che la fortuna ne dica à ciascuno che per sorte semo eletti, dove habiamo à cenare, perche sono abondanti le tavole, preparate d’ogni cosa buona, e letti pieni di veste, et tapeti. le donne perfumate meschiano le tazze, stanno ordinatamente: i pezzi di pesce sono arrostiti, lepori s’inspedano, fugazzette se pistano, corone s’ingroppano, i frutti sono seccati, le piu giovani cuoceno à lesso de le fave. Smeo tra esse havendo l’ornamento equestre netta i cadini de le donne. il vecchio poi và inanti havendo la veste,