Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/89

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Soc.
Ch’hai tu? che fai tu?
Str.
Me ne moro meschino per lo scabello, mi mordono i serpi di Corinto, et mi straciano i fianchi, et fuganomi l’anima, et stirpanomi i testicoli, et mi forano il culo, et m’amazzano.
Soc.
Hor non ti dolere si fortemente.
Str.
Et à che modo? poi che i mei travagliamenti sono vani, vano’l dolore, vana l’anima, et vano anchora’l calciamento, e presso à questi mali anchor contando à la custodia in poco di tempo son diventato vano.
Soc.
Tù che fai? non pensitu?
Str.
Io per Nettuno sì.
Soc.
Et ch’hai tu dunque escogitato?
Str.
Dà i cimesi, se niente di me è restato.
Soc.
Tù ti rovini tristo.
Str.
Ma’l mio huomo da ben son rovinato, poco è.
Soc.
Non bisogna che queste cose sian tardate, ma coperte, per ciò convien trovar una mente privativa e una decettione.
Str.
Oime che mi darà dunque da le pelli d’agnelli la sententia privativa?
Soc.
Hor sù vederò prima ciò che fà questa cosa. tù dormi?
Str.
Non per Apolline, io gia.
Soc.
Hai tù qualche cosa?
Str.
Per Giove niente io.
Soc.
Pur niente?