Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/283

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che nessuno entrasse, e di rispondere a chiunque venisse a chiedere notizie della sua salute, che si sentiva meglio, ma che desiderava d’essere lasciata tranquilla. Poi chiuse l’uscio a chiave, e si pose, non senza versar nuove lagrime, a scrivere una lunga e appassionata lettera al nonno, che lasciò suggellata, dove fu appunto trovata il giorno dopo dal buon vecchio. Dopo ciò, si era messa a letto.

La mattina seguente, vestita che fu, aveva chiesto di suo marito, e inteso ch’era fuori di casa, non aveva posto indugio... Raccolto il denaro e le gioie che trovò sottomano, era uscita.

Battevano le undici. Venne sulla piazzetta vicina alla sua casa dove stanziavano le carrozze a nolo; si gettò in una di esse dopo aver detto al cocchiere il nome della contrada di Emilio; poi calate le cortine da ambe le parti s’incantucciò a lagrimare, pensando al povero vecchio ch’ella lasciava forse per sempre.

Giunta sotto la casa di Emilio, alzò lo sguardo alle di lui finestre e non vide il segnale che le indicasse esser egli in casa. Si ricordò allora ch’ei le aveva detto, il giorno prima, che l’avrebbe aspettata dalle due alle cinque.

Non volendo però attendere tanto tempo, si fe’ condurre al suo studio. Disse al vetturino di scendere da cassetta e di entrar a chiedere al portinaio del signor Digliani... e, se c’era, di farlo chiamar fuori.

Quegli tornò poco dopo dicendo che il signor