Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/284

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Digliani da due giorni non s’era veduto alla banca. Noemi restò interdetta, e l’altro:

— Adesso, signora, dove la conduciamo?

— Dove volete voi; — rispose Noemi.

Il cocchiere rimontò in serpe con un sorriso che voleva dire: Ho capito. Gatta ci cova; e sferzò le sue rozze zufolando a sordino il: Di tanti palpiti, Di tante pene.

Poco prima delle due, Noemi mandò fuori una mano dalla finestruola anteriore della vettura, e a colui, che si volse indietro, disse di tornare dov’era stato la prima volta. Alla finestra c’era il segnale. Lasciò la carrozza alla porta; entrò sicura come donna che non ha più nulla da temere; montò le scale; trovò aperto l’uscio di Emilio, e attraversata l’anticamera, si presentò sulla soglia della sua stanza da letto.

Al fruscio della veste di Noemi, al calpestìo ben noto e affrettato dei suoi piedini sul pavimento, Emilio s’era levato precipitosamente e le si era slanciato incontro; non così presto però che ella non si lasciasse vedere da un’altra persona, che stava in quella camera con lui, e che al di lei presentarsi sull’uscio si era anch’essa levata da sedere.

Noemi, al veder quello sconosciuto, s’era arrestata con una leggera esclamazione di sorpresa, e tornando a calarsi in fretta il velo sugli occhi, si era ritratta indietro.

Emilio la prese per mano, e conducendola verso l’uscio di un piccolo gabinetto di contro alla stanza d’onde era uscito: