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LO SCULTORE GIUSEPPE RIPAMONTI 37

aspirino alla metà sublime di vedere il Duomo riedificato nel più angusto vicolo di Milano o per lo meno di vagheggiare la mite capacità del gusino ad adeguato ricetto dall'arte, quasi che il monocolismo potesse assoggettare il pensiero e limitarlo alla manifestazione uniforme di un tipo invariato e privilegiata non splendesse invece multipla la solenne virtù dell'arte — quella di riflettere dall'immane suao prisma il vivente infinito con disperata eloquenza. «errore giudiziario.» Però anche in seno alla baccante Babele, deplorevole, ma durevolmente inoffensiva, perchè sicuro sintomo di una transizione preludiante la futura affermazione del nostro secolo, chi ben sa dirigere la vista, senza lunga fatica può scorgere già distinte le plastiche traccie di un dispositivo ideale avvenire.É meglio avvertita che in altra produzioni dell'ultimo decennio la vigorosa orma appare nelle opere dello scultore Ripamonti, dove la filosofica profondità dell'idea, «caligola».l'ardita personalità della tenica, l'audacia innovatrice della linea sintetizzano la potenziale significazione onde va distinto il poema di una bellezza originale, per cui, trasfusa l'anima dell'artefice creatore, risorgono nell'ispirazione, gemono, imprecano, gioiscono sentimenti ed esseri d'un palpito comunicato che impera sovrano altrui.

Fra i ribelli viventi solo il Ripamonti può gloriarsi di una tempra così eccezionalmente controversa di eccellenza in pro di una rivoluzione benefica. Egli nel furore di una scultura meravigliosa di esattezza e civilmente educatrice ha saputo primo infrangere ceppi inviolati ed estollersi liberamente in sedi inesplorate della statuaria, dove le ferventi passioni umane, animandosi di più vitali e inusitati gesti, compendiarono i capolavori di un'arte grande e massimamente vera.

Eppure con tutto questo nè dei gruppo: Chi per la patria muor non muore mai, Dies iræ, nè delle statue: Preghiera, Acqua per il pane, Caligola, Ultimo Spartaco, Caino, poderose rivelazioni spesso condannate dall'accademismo e da una codarda invidia professionale, la critica supponente a zelo intellettuale e a rivendicazione e così feconda di aggettivi nelle apologie per la mediocirtà non ha saputo trovare una parola anche mite a sostegno di un'intelligenza reale, deplorevolmente condannata nel libero esercizio della propria professione.

«l'acquaiolo». E perchè il lettore non mi possa fraintendere in materia dirò chiaramente quali sieno per me le caratteristiche della mediocirà e quali debbano essere quelle dei temperamenti nati esclusivamente per l'arte. Così, candidamente mostrata la stregua del vaglio, ognuno potrà convincersi ch'io non parlo a vantaggio interessato di scuole, di sistemi o di amicizie, ma unicamente, e senza preconcetto, a difesa di una verità imparziale.

Dunque io chiamo mediocrità ogni imitazione