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postuma, qualunque risultato di dogma, qualsiasi manifestazione di metodi o di scuole espressi in tutti i generi e tutti i modi possibili. «la coscienza di caino». Mentre ritengo artista colui che nutrendo un fervido culto per la natura, appassionatamente la studia, la scruta e penetrato trasfonde nella creta o sulla tela l'emozione sentita, con tanta sincerità da rivelare sè stesso. Quindi principale requisito è che pulsi dall'opera energicamente la vita dell'animatore che l'ha concepita.

Io non sento predilizioni di mezzi, poichè può riuscire parimenti impotente la macchia quanto la durezza di esecuzione decisamente contornata e ugualmente impropria la diligenza, quanto lo sprezzo, se alterano la realtà, mitigandola o esagerandola. Il segreto dell'arte sta nell'esattezza proporzionale del sentimento, della movimentazione, della forma, in ragione diretta della comprensività, della possibilità del carattere dell'ente rappresentato.

Eppure in onta a queste sacrosante ragioni i mentori della critica suprema sciolgono lo scilinguagnolo all'inno soltanto quando si tratta del falso, del manierato e del meccanismo. La loro tenerezza è per il diafano rosato, le sfumature, i chiari di luna, il grottesco, le tristizie esili degli uomini, delle cose, le lucidezze divisionate.

Nulla urta ai loro sensibili nervi quanto le creature robuste e composte come tutto il mondo di carne ed ossa. Nel loro erudito cervello non cape che la risurrezione e la parentela, per cui la riminescenza è loro guida e bilancia. Essi sono sostenitori e talvolta membri del giurì di accettazione delle opere da esporsi; esame, a loro parere, necessario al decoro dell'arte e per il lustro di essa allontanano la equilibrata originalità, per dare posto a quanto vi ha di comune e di strano su questa superficie della terra. E sembra a loro equo di poter far parte di un'istituzione immorale, che osffoca la libertà del pensiero e limita la bellezza dell'arte alla relativa predilezione di un gusto di pochi; gusto ormai giudicato affetto di pervertimento, giacchè preferisce agli splendori del nostro cielo, alla maschia intelligenza innata ai canti e ai suoni, le melanconiche intonazioni dell'Olanda, le infiammate frenesie della Russia, gli stentati vagiti della Germania, i plagi francesi. E non basta: chi sa dove andremo a finire, se non li arresta lo scrupolo, pensando che se un giorno venisse istituita una Commissione arbitra della pubblicità della loro prosa, forse nemmeno una frase toccherebbe l'onore del torchio. «dies iræ». Ed ora mantengono pure, se loro aggrada, continuamente il silenzio. Nessuno, nemmeno lo scultore Ripamonti, se ne cura, fidenti in una prossima completa vittoria.

Il pubblico già gli ha reso coll'Errore Giudiziaio e col Caino il tributo della propria ammirazione e gli illustri della critica straniera, fra i quali Emilio Zola, lo hanno proclamato un vero valore.

Chi avrebbe mai immaginato, allorchè io con