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del conte monaldo leopardi 137

a tutto. L’istinto e l’abitudine sono la guida di tutti gli animali, e quantunque l’uomo sia dotato della ragione, e debba regolarsi con essa, cede frequentemente alle abitudini e all’istinto. Il nostro stato era pericoloso al sommo poichè un capriccio dei Francesi debolmente ristretti, un tumulto nel campo, una infermità o la morte di La Hoz da cui tutta la somma delle cose pendeva intieramente, ci potevano immergere nelle più luttuose disavventure. Nulladimeno quieti per parte del Governo che ci trattava bene, e vedendo che i Francesi stavano pazientemente in Ancona, ci accostumammo a quell’ordine di cose, cominciammo a respirare e a ridere, e al rischio della nostra situazione non si pensava più. Anzi tutti correvano all’assedio di Ancona per vederlo e divertirsi, e quel campo diventò una villeggiatura per la Provincia intiera. Io non sapevo risolvermi a vederlo, ma bensì sentendo che un corpo di truppe austriache doveva sbarcare in Sinigaglia volli andare con mia moglie a vederne lo sbarco. Passammo per vie traverse costeggiando alla larga il campo di Ancona, e nell’osteria chiamata l’Ostaria nuova, fummo invitati a pranzo dall’ammiraglio russo Vainovich, e dall’ammiraglio turco, i quali avevano il quartiere loro colà, e si chiamavano ammiragli impropriamente poichè comandavano due piccole squadre delle rispettive nazioni. Alle sponde del fiume Esino trovammo inaspettatamente un piccolo campo di 1500 che già arrivati per mare ed attendati colà aspettavano altri ordini. Quel campo assai ben messo e pulito ci fece molto piacere essendo un oggetto nuovo per noi, e gli ufficiali ci colmarono di gentilezze.

Giunti in Sinigaglia ridemmo assai vedendo le fenestre di un Palazzo tutte ingombrate di Turchi sedenti sul parapetto, con le gambe di fuori, la pippa in bocca, e un orinale al fianco. Dicevano i Turchi che quel palazzo, credo