Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/101

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di penetrare all’interno. Alla copertura dei lati provvedevasi con delle stuoie, e così in breve si ebbero almeno dei luoghi riparati che ci proteggevano così dai raggi cocenti del sole come dalla umidità della rugiada e dai non lievi danni delle pioggie.

Compiuta la prima delle capanne, si diede mano a fabbricarne delle altre; e già per opera mia e del sig. Stella ne sorsero in breve altre cinque, fra le quali una di maggiori dimensioni, destinata, fin d’allora, a servire di alloggio al capo della colonia, Pompeo Zucchi, che era ansiosamente atteso e che doveva giungere in compagnia della famiglia. La capanna contava quattro riparti ed era costrutta con maggiore precisione delle altre.

Un giorno, mentre attendevasi a dar l’ultima mano alla grande capanna, udimmo un forte grido di Meoid che giungeva da lontano, e la cui eco perdevasi fra le circostanti colline. Il signor Stella si armò in tutta fretta, e ci ordinò di fare altrettanto, avvegnacchè ritenesse che avremmo potuto essere assaliti da qualche nemico. In un attimo tutti furono all’ordine; le femmine degli indigeni, presi in braccio i loro figliuoli, si diressero alla montagna di Zadamba, mentre, a guardare la città rimasero i più deboli ed i vecchi, insieme al padre Stella, con una piccola guarnigione. Gli altri uscirono sollecitamente, ed io con loro.

Varcammo un tratto della foresta, dirigendoci a quella parte dalla quale c’era giunto quel grido; ma appena scesi alla pianura, e posto il piede in una valle circolare, simile ad un bel prato, ecco un enorme leone sbucare da un lato e dirigersi pian piano verso la foresta che ci stava di fronte. Ruggiva la fiera, ruggiva sì fortemente che ogni suo urlo rassomigliava più al