Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/159

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procinto di passarla assai male, se, per un riguardo al padre Stella, gli Abissini non avessero preso la faccenda con calma e con rassegnazione.

Dopo circa un’ora giunse la comitiva, ed ognuno si collocò al posto assegnato. La signora Elena e sua figlia, con Bonichi e Boccianti s’alloggiarono nella grande capanna; gli altri chi qua, chi là, meglio che fu possibile.

Finalmente, dopo tanto soffrire, dopo tanti giorni di affannosa aspettazione, i membri principali della colonia erano tutti riuniti, ma eravamo un gregge senza pastore, una società senza capo.

I primi giorni, dopo la nostra riunione, passarono assai tristi; mille pensieri, uno più grave dell’altro, si affollavano nella nostra mente; mille presentimenti funesti, e una svogliatezza tanto grande da non potersi descrivere.

All’ora del pranzo, il suono d’un campanello ci chiamava alla capanna della signora Elena, nella quale venivaci somministrata una razione, adattata alla circostanza, ma che duravamo fatica a far passar nello stomaco, stante il sussiego in cui mantenevansi le due signore che trattavano con noi come da principe a vassallo.

La signorina in particolare, credendosi forse la futura regina dei Bogos, era d’una superbia veramente incredibile.

Di me non maravigliava più che tanto, avendo avuto, anche nei giorni in cui stetti a Keren, a sopportare parecchie volte delle allusioni offensive e degli sgarbi più o meno pungenti; ma mi stupivo del signor Stella, il quale, pari ad un fanciullo — per non dire ad un servo — piegava l’onorata sua testa sotto il giogo di