Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/165

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rie dimore e vi rimangono fin tanto che le provvigioni sieno esaurite.

Escono allora nuovamente, ed, a seconda delle stagioni, si provvedono di quei prodotti che trovano, campando così la meschina e raminga loro esistenza.

Codesti nomadi, a cagione dei quali erasi sparso l’allarme nella colonia, tostochè se ne avvidero, presero il largo, tenendo in mano dei legni accesi, sia per vederci lungo la via, sia per garantirsi dagli assalti delle fiere.

Alla mattina del 22, comparvero cinque soldati, staccatisi dal campo di Gheremetîm, latori di notizie.

Avvicinatisi alla grande cinta, domandarono di poter entrare per abboccarsi col nostro condottiero. Essi arrecavano la nuova che il generale, con tutti i suoi soldati, aveva abbandonato il sito dell’accampamento all’acqua Osch, dirigendosi verso Keren, e chiedevano, nella loro favella amarica, che il signor Stella li avesse seguiti fin là per avere con Gheremetim un colloquio risolvente ogni questione.

Mentr’essi parlavano con lui, noi li attorniavamo, appoggiando l’avambraccio destro sulla bocca del fucile. Per far vedere a coloro che non li temevamo, e che eravamo pronti a ricevere gli attacchi dei loro eguali senza punto impressionarci, nel fumare che facevamo colle nostre pipe, mandavamo fuori certe enormi boccate di fumo, che spingevamo poscia — benchè non troppo civilmente — verso i medesimi, soffiandovi dietro, ed atteggiando poscia le nostre labbra ad un sarcastico sorriso.

Era una specie di sfida che dirigevamo indirettamente ai nostri avversari; eppure, se avessero potuto leggerci entro l’anima, avrebbero dovuto convincersi che ci trovavamo in uno stato di completo scoraggiamento.