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ricomparire essendosi egli smarrito per le foreste. Vari fortunali di sabbia ci travagliavano, e fummo anche ad un pelo d’essere assaliti dalle fiere.

Una notte, lasciato il Colombo colla carovana, ci staccammo in tre per provvederci d’acqua, e siccome la notte era fitta e tenebrosa, entrammo senza accorgerci in una spelonca nella quale girammo per ben tre ore, e fummo costretti ad accendervi spessi e grandi fuochi allo scopo di tener lontane le fiere.

Fatta acqua, ci avviammo per raggiungere la carovana, ma le bestie da soma che avevamo con noi ci fecero travagliare in modo singolare, e a tal segno, ch’io fui persino costretto ad adoperare il calcio del mio fucile che si ruppe sulla testa d’uno degli animali.

Dopo alquante ore arrivammo all’accampamento in cui trovavasi la carovana, e ci diemmo a cuocere alcune tortorelle uccise durante il giorno. — Trascorsa la notte, partimmo di buon mattino, per poter riposare nelle ore più calde, e cammin facendo incontrammo pascoli ameni, ricche mandre di gazzelle e d’antilopi cui diemmo la caccia spesse volte. Ma a cagione della sollecitudine colla quale viaggiavamo, e pel troppo ardore del sole, ci riuscì assai di rado di colpire qualche buona selvaggina; però nelle ore di riposo, secondo la qualità del sito in cui sostavamo, avemmo qualche felice risultato. Le tappe che si facevano erano sempre in siti non troppo ameni, vale a dire fra selve, onde, a qualunque improvviso assalto, potessimo nasconderci o difenderci. Nelle notti accendevamo vari fuochi intorno a noi allo scopo d’impedire l’avvicinarsi di qualche animale feroce; non ostante a ciò, nel primo periodo del nostro viaggio, ci trovavamo felici; i nostri volti erano sereni, gli spiriti tranquilli, poichè una dolce lusinga ci teneva compagnia e spera-