Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/185

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priccioso e villano, giacchè essendoglisi questo presentato a sollecitare il permesso di partire, egli gli si slanciò addosso, regalandogli un sonoro schiaffo ed uno sputo sulla faccia. Poi, per soprassello, gli dichiarava che non gli avrebbe permesso di partire se non quando gliene fosse venuto il capriccio.

Colui se la prese anche con noi, perchè, come dovevasi, avevamo difeso il capitano; e tante ce ne disse che, alla perfine, Stefano, il toscano, perduta la pazienza, gli menò tale una ceffata tra naso e bocca che, se si ritrova ancora a questo mondo, se ne deve per certo ricordare.

Girava egli pel paese, quasi sempre ignudo, portando una semplice benda di tela intorno al ventre.

Col capitano del sambuk contrattammo poscia il nostro imbarco per Zula, che avvenne la sera stessa del diverbio, malgrado il divieto dello Spagnuolo e in forza dell’appoggio che trovammo da parte del governatore e della polizia del luogo.

La traversata si fece durante la notte, nella quale stabilimmo di rivolgerci al console Munzinger, che appunto trovavasi a Zula presso l’accampamento inglese, acciocchè ci procurasse un nuovo imbarco per le Indie, ove intendevamo recarci per cercarvi fortuna.

Arrivati a Zula, era il giorno 11 di ottobre, sulla groppa di quattro arabi, tragittammo quel tratto di mare che stendesi, dal sito in cui le navi si devono arrestare, sino alla spiaggia, giacchè di pontili o di approdi in genere non ve ne era uno, nemmeno per accidente. Tostochè gli arabi ci ebbero deposti, trascinammo i nostri bagagli sino all’accampamento, per giungere al quale dovemmo percorrere una larga zona di terreno arenoso,