Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/53

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impediva; per cui, colto da un cattivo presentimento, affrettai il passo non senza rimproverarmi della mia stolta imprudenza.

Infatti l’imbarazzo mi si faceva sempre maggiore; non rinveniva traccia umana di sorta; errava come un forsennato chiamando a squarciagola: Colombo! Colombo! e soffermandomi tratto tratto, per ascoltare se alcuno mi rispondesse.

Invano! Mille idee mi si affacciavano alla mente sconvolta, tanto più ch’era sull’imbrunire e già da due ore errava inutilmente. Tirai un colpo di moschetto, e mi accorsi, subito dopo, che difettava di polvere e di palle: non ne aveva che per due sole scariche, una a palla ed una a pallini.

In tali angustie, non sapevo a qual partito appigliarmi, nè qual direzione prendere. Mi spaventava l’idea di dover perire di sete o per le unghie di qualche animale feroce, dei quali, pur troppo, non c’era penuria. Scaricai il colpo della seconda canna ch’era carica a palla, arrischiando di rimanere sprovveduto anche nel caso in cui venissi assalito da qualche fiera. Ciò era la stessa cosa che correre sbadatamente sull’orlo d’un precipizio; ma la speranza di poter essere udito da qualcheduno mi decise anche a quel rischio.

Questa volta, non fu del pari alcuno dei miei che si scuotesse allo scoppio dell’arma, ma una mandra di gazzelle, di cui non feci il minimo caso stante l’agitazione d’animo in cui mi trovava.