Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/81

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non destare l’allarme tra i compagni e tra gl’indigeni, ma immaginandomi che la bestia avrebbe ritentato la prova, tenni pronto il fucile nella stessa direzione. Non passarono due minuti che la iena era ricomparsa; e questa volta i suoi passi dirigevansi verso un boriko e stava già misurando la breve distanza che la separava da quello per ispiccare il salto ed assalirlo.

Ma non le rimase tempo, chè la molla scattò e partì il colpo. Immantinente si svegliarono i compagni, e, come avevo preveduto, gl’Indigeni furono tutti in piedi. La iena era stata certamente colpita, dacchè s’era ritirata precipitosamente emettendo degli urli spaventevoli.

Tutti mi chiesero il perchè d’un siffatto allarme, e dietro le indicazioni ch’io offersi, alcuni si mossero per vedere ove la fiera si fosse trascinata a morire. Mi unii ad essi, e la trovammo stesa a cinquanta passi, in mezzo ad un folto cespuglio, col ventre all’insù, che ancora si dimenava, mandando di tanto in tanto un rantolo fastidioso.

Uno degli Indigeni la finì con un colpo di mazza alla testa. La mia palla le aveva forato il ventre.

Nel rimanente della notte si dormì poco. Io presi ancora una sorsata di cognak, riempii la mia pipa ed attesi l’albeggiare. È naturale che mi trovassi in piedi prima d’ogni altro; ma ben presto fu imitato il mio esempio, e tutti si trovarono pronti a partire. Gl’Indigeni ci recarono del latte in abbondanza, che ci servì di colazione, ammollendovi un pezzo di galeta.

Mentre Glaudios, era occupato a cercare le proprie scarpe — che non aveva più trovate al loro posto — io m’era recato ancora una volta a veder la iena; ma questa mandava, benchè si presto, un sì orribile puzzo,