Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/97

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fui sul luogo dell’uccisione, la bestia aveva emesso per due volte i sonori suoi rantoli, mentre il sangue le sgorgava dalla faccia contraffatta per una ferita riportata alla mascella destra. Al mattino seguente venne scorticata dagl’indigeni, e raccoltane la pelle, il cadavere fu abbandonato agli avoltoi, i quali, avendo fiutata la preda, gli svolazzavano intorno avidi di divorarlo, tostochè noi ci fossimo allontanati.

Caricati che ebbimo i nostri camelli, montammo sui boriki, e ci dirigemmo alla meta, ormai vicinissima alla quale arrivammo il 22 aprile 1867, dopo aver traversato un’ultima foresta e percorso una strada scabrosissima, lungo la quale c’imbattemmo in grandi massi di granito.

Il luogo della nostra fermativa era un altipiano su cui poteva dirsi poggiasse la base d’una grandissima montagna denominata Zadamba, nella regione di Sciotel, alta 5000 karen (circa 4000 piedi) sopra il livello del mare.

Al primo arrivarvi, il luogo destinato al comune soggiorno mi fece sinistra impressione a cagione della rimarcatavi sterilità del terreno; ma il signor Stella valutava assai il granito che trovavasi in abbondanza e che avrebbe servito alla costruzione di solidissime capanne. Egli più di tutto vantava la posizione strategica, ottima per poter mantenerci al sicuro dalle sorprese dei nemici.

Inoltre terreno coltivabile non ne mancava, ed era più che sufficiente ai bisogni dei presenti e dei futuri. Abituati com’eravamo a fare in tutto e per tutto la volontà del nostro Capo, ci diemmo a scaricare i camelli, ed ammucchiammo le nostre robe, costruendovi immediatamente un riparo mediante due pareti di spini,