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dei barbari | 111 |
chiamarono una grande
invasione d’alemanni; i quali sotto Leutari e Buccellino corsero e
predarono la penisola uno o due anni, finché furono vinti essi pure da
Narsete. Vedonsi, ad ogni modo, continuare sollevazioni e piccole
guerre di barbari qua e lá, e non conquistata tutta la penisola se non
al fine de’ dodici anni che durò la signoria greca. E cosí, con difesa
perdurante fino all’ultimo, veggonsi finire a poco a poco que’ goti,
il cui nome non ritrovasi piú nelle storie; le cui reliquie durano
forse qua e lá tra le terre e i monti d’Italia. Nobile e forte
schiatta, per vero dire, e piú che niun’altra barbara mansueta ai
vinti, in Italia come in Ispagna! Ondeché non merita il mal nome che
le restò nella storia nostra, mal fatta e rifatta per lo piú co’
pregiudizi romani, imperiali. Se non era de’ quali, chi sa? sarebber
rimasti e durati questi goti tra noi, come lor fratelli in Ispagna e i
franchi in Francia; e misti noi con essi, non avremmo mutate tante
signorie, né avuta a soffrire la divisione d’Italia; di che siamo per
vedere i princípi.
11. I greci. — Veggiamo intanto qual profitto avesser tratto que’ nostri maggiori, al rifarsi imperiali, al ridiventare, come dicevasi allora, romani, in realtá provinciali greci. E prima, poiché non furono finiti di cacciare tutti i barbari se non uno o due anni prima che venissero i longobardi, vedesi che la misera Italia non respirò se non d’altrettanto. Poi, gl’italiani, che, come pare accennato da certi negoziati tra Vitige e Belisario, e come, del resto, è naturale immaginare, aveano sperato riavere un imperator occidentale, ebbero a governator sommo Narsete eunuco, maestro de’ militi, patrizio e gran ciamberlano, e sotto a lui, un prefetto del pretorio. Non trovo se i due sedessero in Roma o Ravenna: è probabile in questa. Di rettori od altri governatori di province, non è cenno. Probabilmente, i duchi continuarono ad esser tutto in ciascuna delle cittá, con territori piú o meno fatti a caso dalla guerra. Sotto essi i giudici, governatori civili, capi de’ corpi municipali, ma non eletti da essi, anzi dati, talor forse dai duchi, certo sovente da’ vescovi, e perciò chiamati «dativi». I membri di questi corpi non eran piú detti «decurioni», ma