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dei barbari 121


Umana, Pesaro, Fano e Rimini, sembra accennare una prima confederazione di esse; e giá i papi eran venuti crescendo tra tutto questo. — Finalmente, tutto ciò scoppiò a ribellioni aperte, a mutazioni grandi nel 726. Era imperatore Leone isauro, un barbaro, non solamente caduto, a modo solito di quella corte, nell’eresie, ma inventor esso di una nuova, contro alle imagini, detta perciò «iconoclastia». Per questa minacciò, perseguitò il papa. Il quale si trovò essere un gran papa, gran principe, Gregorio II [715-731]; il quale troppo trascurato dagli storici, non resterá tale per certo, quando Italia indipendente cerchi e glorifichi tutti i periodi, tutti gli eroi di sue indipendenze. Egli forte pontefice, resistette cattolicamente all’imperator eretico; egli gran vescovo, gran cittadino, raccolse apertamente intorno a sé i romani di Roma; egli grande italiano raccolse pur gli altri italiani antichi, li difese, ne fu difeso dalla tirannia dell’eretico imperatore; egli, come tutti coloro che sollevan popoli non a propria ambizione ma a difesa comune e giusta, non rinnegò il nome, il diritto del signore legittimo o legale, ma gli rinnegò l’obbedienza in ciò che era pur diritto proprio e del popolo suo; egli limitò la rivoluzione a giusta resistenza, egli l’adattò alle tendenze, alle condizioni del tempo suo; ed egli non inventò forse ma si serví delle giá inventate confederazioni, le accrebbe, le condusse, le fece efficaci, vittoriose. Primo de’ papi s’alleò co’ longobardi contro a’ greci, primo fu di fatto principe indipendente; e fece tutto ciò in cinque anni dal 726 al 731. — E ciò fu continuato dal successore ed omonimo di lui, Gregorio III, dal 731 al 743. Se non che, piú sovente che non il predecessore, guastatosi co’ longobardi, e pressato tra questi e i greci, e men che il predecessore confidando forse nelle cittá, nella nazione italiana, egli primo fece quella chiamata dei franchi, che fu rinnovata poi da’ successori. E queste chiamate sono condannate universalmente ora nella storia, nell’opinione italiana. Né senza ragione, se si guardi ai tristi e lunghi effetti che ne vennero. Tuttavia io non saprei se non sia lecito, se non debito forse a un uomo posto a capo d’una nazione, difendere l’indipendenza propria e