Pagina:Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu/202

Da Wikisource.
198 appendice

di storia patria che sieno stati scritti da niun italiano. Scritti, a malgrado i difetti, in istile ammirabilmente chiaro, largo, vivo, caldo e naturale, si leggono come una novella da chicchessia dotto od indotto, che è il sommo dell’arte storica. Difettano sí di scienza storica, e piú di scienza politica, a tal segno, che non solamente il vecchio liberale, anzi repubblicano, vi comparisce scrittore scettico, indifferente alle diverse forme di governo, e non persuaso se non della malvagitá degli uomini e dei tempi in generale; ma che nell’ultime pagine da lui scritte in conchiusione della storia dal 1530 al 1789, egli ci lascia quasi un progetto di governo a modo suo, che non rimane né monarchico né repubblicano, ed anche meno rappresentativo, ch’ei descrisse ma non intese né ammise. E quindi l’opere sue contribuirono a mantenere sí, e diffondere, ma non a determinare le opinioni liberali, anzi le indeterminarono e dispersero peggio che mai. Una pubblicazione mensile pubblicata per poco tempo in Milano, proibita poscia dalla polizia, ebbe, s’io non m’inganno, il medesimo vizio, il medesimo effetto. Vennero poi due scrittori, de’ quali non credo sia stato mai dacché si scrive niuno piú amabile, piú simpatico ad ogni cuor gentile, perché niuno scrisse con piú soavi tinte di gentilezza che questi due, Manzoni e Pellico, ammirabili e parchi poeti amendue, e scrittori di prosa tanto piú ammirabili, quanto piú seppero scrivere italianamente con semplicitá. Manzoni, milanese, s’illustrò con cinque canzoni, che riuscirono nuove e forse superiori a tutto, dopo il canzoniero accumulato nei sei secoli della poesia italiana; seguí con alcune tragedie storiche, o come si diceva allora, romantiche, e con alcune note ad esse ed alle storie del Sismondi; giunse al suo colmo in quel racconto de’ Promessi sposi, che fu, che diede il genere del romanzo alle lettere nostre, e lo portò d’un tratto a segno, da superar forse in fatto d’arte, e certamente in utile morale, quanti furono scritti mai in qualunque lingua antica e moderna. Pellico, piemontese, era giá amato per la Francesca, ed altre tragedie, quando, implicato nello scoppio del 1821, fu tratto allo Spielberg, vi rimase intorno a dieci anni, n’uscí poi per grazia implorata