Pagina:Bandello - Novelle. 4, 1853.djvu/229

Da Wikisource.

novella i. 231

talmente con grandissima contrizione, e si dispose patirò là indile con tutta quella pazienza che fosse possibile. Lo pregò il santo frate che (piando saria arso, e che egli diresse: Simone, ora e il tempo della penitenza, volesse rispondere: Si. padre. Promise il Turchi di tarlo. Fu al determinato giorno ìnchiavato Simone sul’istessa sedia nella quale era Geronimo statoanciso; sto su un curro, fu per tutte le strade di Anversa condotto, e sempre era seco il buon Irate ohe l’andava confortando*. Ma come si giunse alla piazza, Cu deposta la sedia con Simone dentro inchiavatoj e dai ministri della giustizia attorno li fu accesi. il Cuoco non molto grande. E così andavano aggiungendo dèlh legna secondo, che bisognava, tuttavia perciò di modo, che il fuoco non divenisse troppo veemente, ma tale che a poco a poco per maggior sua pena il misero Turchi si arrostisse, (ili stava lo frate tanto vicino, quanto dall’ardore del fuoco gli era concesso, e assai sovente dicea: Simone, ecco il tempo fruttuoso della penitenza. 11 povero uomo, fin che ebbe lena di parlare, sempre rispose: Sì, padre. E per quanto egli si può per gli atti esteriori giudicare e comprendere dimostro il povero Turchi una grandissima contrizione e pazienza, e prese in grado si acerba e vituperosa morte, come era quella che lo sfortunato SOflèriva. Come poi lo conobbero morto, prima che si Unisse di essefe dal fuoco in tutto disfatto, presero i! mezzo arso corpo, e lo portarono Inora della terra, e il misero sovra una alta trave incatenato con catene di ferro, e li cinsero a lato il pugnale pistoiese, col quale il Deodati era stato morto. Piantarono poi la la trave in terra ben fondata su una. corrente e maestra strada. acciò fosse «la tutti veduto di che vituperosa morte fosse stato punito colui, die il tale omicidio avea crudelmente commesso. Ora a me inova di credere che trovandosi il misero Simone pentito de’ peccati suoi. e. come si dimostrò, ben disposto a morire, poichè necessario gli era essere molto, poco si curasse di «pia iunque morte iini>se la vita, purchè senza vergogna e vituperio SS ~tato morto; conciossia cosa che non la qualità delsupplicio ma la cagione e quella che rende la morte abominevole e ignominiosa. Può bene la virtù onorare qualunque sorte di morire, ma la morte in quale modo si sia. non può nella virtù porre macchia alcuna già mai. Quando il contadino, che Giulio mandò con la lettera, fu dal giudice sostenuto, mandarono i magistrati d’Anversa un ambasciatore in Aquisgrana al magistrato della giustizia, per avere il perfido Romagnuolo, ed acerbamente punirlo. Ma que’ signori noi vollero dare: ed acciò che non restasse la